Terza Parola: «Donna, ecco tuo figlio. Poi disse al discepolo: Ecco tua madre» (Gv 19,26)

»Gesù detta le sue ultime volontà: dà un figlio alla madre e una madre a Giovanni che ora riconosce non solo come amico ma come figlio di famiglia, quella sua  naturale costituitasi a Nazaret.

Gesù è spogliato di tutto, dei discepoli che sono fuggiti, della stima della folle che è stata comprata a basso prezzo dalle autorità religiose, del potere di operare miracoli che adesso non servono più, delle sue vesti che gli hanno strappato di dosso, della vita che con il sangue che perde se ne sta andando. Gli restano gli affetti più cari: la madre e l’amico che amava.

Non possono strapparglieli perché i sentimenti sono immateriali anche se reali. Gesù affida la madre a Giovanni e a sua madre affida un figlio che si prenda cura di lei.

L’immagine di questa consegna è quella della cura. Una cura reciproca con registri diversi, con attenzioni complementari.

Maria sembrava essere sempre molto lontana dalle scene mentre Gesù era il «rabbi», ma nel cuore di Gesù aveva un posto unico, quello di madre.

La maternità di Maria non si conclude con la morte di Gesù. Dopo la deposizione lo prende di nuovo tra le braccia e anche se piange lacrime di intenso dolore crede che l’amore troverà la strada per continuare a vivere nella forza della resurrezione ancora in germe in quel corpo inerme, nella comunità dei nuovi discepoli ancora dispersa e spaventata.

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