Se n’è andato con l’odore delle pecore addosso!
Carissimo Papa Francesco,
te ne sei andato con l’odore delle pecore. Non ti si era mai staccato di dosso. Anche quando ti era rimasto solo un soffio di vita – e si leggeva sul tuo volto! – hai voluto abbracciare la «gente», la tua gente.
Sapevi che non sarebbero potuti venire al tuo capezzale per accomiatarsi da te, come si fa con un padre o una madre in fin di vita, per cui tu sei andato da loro, e non per sovrabbondanza di energie, ma di umanità e di tenerezza, quelle che affondano le radici nel vangelo: «Erano tuoi e li hai dati a me». Naturalmente si è trattato degli ultimi nelle agende dei grandi della terra, ma… i primi nella tua agenda: i carcerati, i malati, la gente di piazza, i lavoratori. Per alcuni giorni sei tornato «in mezzo» senza alcun altro scopo che quello di essere vicino e di far sentire loro di essere «importanti».
Non c’è stata la fila dei reporter internazionali alle porte del Vaticano per avere l’esclusiva del primo annuncio della tua partenza definitiva. Te ne sei andato come i comuni mortali, sconfitto dalla malattia e circondato dagli intimi.
Può essere retorico dirti che ci manchi, che manca la tua naturalezza e il tuo essere inedito. In questi giorni sembra che ci sia una gara per far emergere i tuoi messaggi come fossero slogan, per esprimere in qualche modo l’apprezzamento alla tua persona. Noi vogliamo raccogliere la memoria della tua presenza in mezzo all’umanità: l’odore delle pecore non è gradevole, ma per te era il migliore, è stato quello che ti ha accompagnato dai tempi di Buenos Aires e che nemmeno la morte riuscirà a cancellare.
È il buon odore di Cristo!
Molti di noi non ti hanno mai incontrato personalmente, né potranno esserti vicino per l’ultimo saluto. Siamo ugualmente tutti intorno a te, perché ognuno di noi si è sentito «curato» da te come fosse l’unica tra le pecore del tuo gregge.
Grazie!