Settima Parola: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46)
Entrando nel mondo Dio gli aveva dato un corpo, ora che ha terminato e compiuto quanto gli era stato affidato, glielo consegna.
Non è una restituzione ma un investimento che ha messo a frutto in ogni modo.
Un corpo pieno di spirito, un corpo vivo.
Gesù raccoglie in quel grido che è l’ultimo respiro, tutto se stesso, sembra quasi togliersi di bocca lo spirito e deporlo nelle mani del Padre: proprio come i servi avevano fatto con i talenti ricevuti.
La morte è sempre un salto nel buio, almeno finché non viene varcata la soglia.
Sa che quelle del Padre sono buone mani! In un attimo rivede quelle di Maria sua madre e di Giuseppe; ricorda che gli avevano raccontato di Simeone che lo aveva preso in braccio, ripensa a quante mani lo avevano aiutato a salire e scendere dalla barca, gli avevano offerto un gesto di cortesia, di amicizia: tutte lo avevano confortato, ma solo a quelle del Padre si può consegnare.
Il suo corpo senza il respiro di Dio, verrà lasciato in balia di soldati violenti che infieriranno su un cadavere. Ci saranno ancora delle mani gentili che lo ungeranno e lo avvolgeranno in bende per la sepoltura, ma lo faranno al suo involucro. Lui sarà già altrove, nelle mani sicure del Padre, le uniche capaci di ridargli la Vita da risorto.