Quinta Parola: “Ho sete” ( Gv19,28)
La sete aveva sempre accompagnato Gesù nel suo cammino su e giù dalla Galilea alla Giudea.
La sua sete, per la quale, contravvenendo a tutte le regole del buon costume, azzardò chiedere da bere ad una donna samaritana. La sete e non solo la fame delle folle che lo seguivano per giorni in zone deserte lontano dai centri abitati.
Gesù aveva educato i suoi discepoli ad interpretare questa sete che aveva tutti i requisiti per significare bisogno di acqua, ma lasciava volutamente intendere qualcosa di più profondo.
Già da ore aveva sentito il bruciore in gola, mentre si trascinava verso il calvario. Ora è là appeso a mezz’aria, le mani impedite a muoversi. La lingua non si è ancora attaccata al palato per cui può chiedere da bere. Può essere un sorso d’acqua e così l’hanno capito i presenti che sono corsi ad inzuppare una spugna con aceto, ma ha anche il significato che il salmista aveva dato a questo incipit del salmo 41: ha sete di te l’anima mia!
In Gesù c’è una sete che trascende quella dell’acqua, una sete di Dio e una sete di salvezza per tutti gli uomini. Può quindi rifiutare quel sorso di mistura che gli hanno offerto, perché la sua sete continuerà ad essere viva fino alla fine dei tempi.