Maria di Nazaret, la madre
«È diventata mamma di una bella bambina o di un bel maschietto» si dice comunemente quando una donna dà alla luce la sua creatura, ma si dimentica che la maternità è scattata e ha iniziato il suo processo nel fisico, nella psiche, nell’anima della donna dal momento del concepimento. In un crescendo di trasformazioni, consapevolezze, gioie, timori e attese.
A Maria non deve essere andata diversamente.
L’annunciazione a Maria ha avviato in lei la realtà di essere madre. All’inizio era legata solo al ricordo delle parole dell’angelo, poi è venuta l’ansia di comunicarlo al promesso sposo Giuseppe e, anche se il vangelo non lo riporta, alle emozioni che il suo stato di gravidanza faceva nascere in lei e nel suo parentado.
Il vangelo riporta la sua gravidanza alla storia del suo popolo: il figlio che aspetta è il Messia!
Maria entra piano piano, con fede che non esclude il senso di sorpresa e di inadeguatezza, nella realtà che la sua maternità non è per dare pienezza alla sua vita di donna, per dare discendenza alla sua famiglia, ma a favore del suo popolo.
Il canto del magnificat non è affiorato alle sue labbra davanti al miracolo di un figlio che viene al mondo, ma quando ancora lo portava in grembo, e che non sbandierava come un trofeo conquistato, ma che custodiva con riserbo e cura coltivandone la crescita biologica e spirituale. Nove mesi, se pure percorsi da alcuni viaggi e spostamenti straordinari e impegnativi non l’hanno distratta da quello che Dio stava intessendo nel suo grembo: un figlio che di generazione in generazione aspettavano come il Messia, come la misericordia di Dio in persona.
Maria indica uno stile di fronte alla vita: assumerla passo dopo passo, averne cura, favorire il suo processo di crescita e trasformazione senza trascurare che dentro ogni gesto è racchiusa la nostra identità, quella che Dio ci ha dato come originalità e missione e che aspetta di esprimersi.