Cuore e cuoricini (Dilexit nos 1)
C’è una canzone del festival di Sanremo 2025 dal titolo «Cuoricini». È una critica scanzonata e allegra, ma non per questo meno incisiva, al modo in cui i social network stanno influenzando e condizionando le relazioni umane, impoverendole e rendendole superficiali. La ricerca quasi spasmodica dei like, che su instagram sono rappresentati appunto dai cuoricini, è un segnale evidente di come l’apparenza oggi valga più della sostanza e di come la velocita dello scrolling ci impedisca un ascolto di cuore di noi stessi e dell’altro.
Non sappiamo se gli autori e interpreti della canzone fossero al corrente che papa Francesco, nell’ottobre 2024, ha scritto un’enciclica sull’amore umano e divino del Cuore di Gesù, la Dilexit Nos. Ma è curioso trovare alcuni richiami comuni tra l’una e l’altra, seppure da punti di partenza opposti.
«Tu volevi solo cuoricini, cuoricini, pensavi solo ai cuoricini, cuoricini
stramaledetti cuoricini, cuoricini che mi tolgono il gusto di sbagliare tutto»: è il ritornello che ascoltiamo in radio.
«Quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore» (DN 2) sono invece le parole di papa Francesco.
La cultura dell’apparire, di cui è impregnata la nostra società, ci fa vivere sotto pressione. La grande enfasi sul prestigio sociale, sul confronto continuo con gli altri, sul possesso di beni porta a dare importanza a ciò che forse così importante non è e a toglierla a ciò che invece potrebbe renderci più autentici e semplici. «Al di là dei tanti tentativi di mostrare o esprimere qualcosa che non siamo, tutto si gioca nel cuore: lì non conta ciò che si mostra all’esterno o ciò che si nasconde, lì siamo noi stessi. E questa è la base di qualsiasi progetto solido per la nostra vita, poiché niente di valido si può costruire senza il cuore. Le apparenze e le bugie offrono solo il vuoto» (DN 6).
Mentre i Coma_Cose si scagliano contro i cuoricini, diventati il parametro di riferimento per vedere quanto si piace agli altri e vera e propria ossessione da ricercare a qualsiasi costo, l’enciclica ci ricorda che proprio per questo, più che dei cuoricini «è necessario parlare nuovamente del cuore; mirare lì dove ogni persona, di ogni categoria e condizione, fa la sua sintesi; lì dove le persone concrete hanno la fonte e la radice di tutte le altre loro forze, convinzioni, passioni, scelte. Nella società di oggi, l’essere umano rischia di smarrire il centro, il centro di sé stesso» (DN 9).
Siamo in una realtà in cui i facili ma illusori richiami sono all’ordine del giorno, in cui è difficile fermarsi, darsi tempo, guardarsi dentro per «lasciare emergere le domande che contano: chi sono veramente, che cosa cerco, che senso voglio che abbiano la mia vita, le mie scelte o le mie azioni, perché e per quale scopo sono in questo mondo, come valuterò la mia esistenza quando arriverà alla fine, che significato vorrei che avesse tutto ciò che vivo, chi voglio essere davanti agli altri, chi sono davanti a Dio. Queste domande mi portano al mio cuore» (DN 8).
I cuoricini dei social rivelano invece che «ci muoviamo in società di consumatori seriali che vivono alla giornata e dominati dai ritmi e dai rumori della tecnologia, senza molta pazienza per i processi che l’interiorità richiede. Siamo frastornati, divisi, quasi privi di un principio interiore che crei unità e armonia. Manca il cuore» (DN 9). Riusciremo a ritrovarlo, tra un cuoricino e l’altro?