La povertà nella vita religiosa: 2. «Avranno il necessario»

Quando le prime suore hanno conosciuto le parole «Avranno il necessario» , alle quali don Vincenzo dava la forza di una regola, sono state assalite da molti interrogativi.

Se esiste un criterio abbastanza condiviso che riesce a riconoscere la differenza tra necessario e superfluo, è più complicato definire ciò che è necessario. Ancora più critico quando la regola vale non solo per la comunità, ma per la singola persona.

Che cosa comportava questa «regola» per le suore che erano state contadine, o tessitrici, o collaboratrici domestiche, per le quali avere il solo necessario era la normalità e che cosa invece significava per altre che erano maestre, figlie di imprenditori, proprietarie o dirigenti di attività?

Provenienze così diversificate socialmente ed economicamente davano al concetto di «necessario» un significato diverso.

L’espressione che le suore devono avere il necessario, nella mente di don Vincenzo poteva avere due valenze: l’organizzazione dell’Istituto deve offrire delle garanzie ai suoi membri, ma deve escludere i comforts.

Avere il necessario doveva diventare, per tutte, uno stile per vivere il voto di povertà e gestire l’uso dei beni.

Dietro questa espressione lapidaria «il necessario» è possibile scoprire un significato che va oltre la possibilità del mantenimento o delle cure sanitarie.

La povertà evangelica assunta con voto, non è una condizione, ma una scelta – come Gesù – e non è nemmeno finalizzata alla semplice privazione dei beni materiali.

La povertà religiosa è liberarsi da ciò che impedisce di essere disponibili al dono di sé e al servizio, è affrancarsi dalla tendenza a possedere come fondamento della propria sicurezza e successo, è vivere sciolti dall’angustia di garantire la propria vita contro ogni rischio.

La povertà così intesa porta a vivere in modo aperto, a mettersi nelle mani degli altri, ad assumere anche l’incertezza, perché la speranza è nel Signore.

Oggi, sono cambiati notevolmente, rispetto alle origini dell’Istituto, i termini per intendere il «necessario», ma può continuare ad essere un criterio di discernimento personale e comunitario per vivere uno stile che, nelle relazioni con gli altri ei nell’uso dei beni, esprima quello di Gesù.

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