Sinodo 2024 – In ascolto delle diversità

Il 2 ottobre u.s si è aperta la Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si concluderà il prossimo 27 ottobre.

Ci sembra importante riprendere alcuni passaggi dell’omelia pronunciata da papa Francesco nella celebrazione Eucaristica di apertura, sia per seguire e accompagnare i lavori del sinodo, ma anche per trarre qualche spunto per la nostra vita di FdO, chiamate a vivere in comunità secondo uno stile sinodale. Se il Sinodo dei Vescovi infatti si sta avviando alle sue battute finali, non può e non deve certo finire la ricerca e l’impegno per vivere la sinodalità nella Chiesa, il camminare insieme come popolo di Dio, e dunque anche come Istituto.

Un passo indispensabile è quello di mettersi in ascolto della voce di Dio, che lungi dal manifestarsi in modalità eccezionali, arriva a noi attraverso la voce di ogni sorella e di ogni fratello. Negli anni dal 2021 ad oggi la Chiesa ha vissuto una lunga fase di ascolto, di confronto e di condivisione per comprendere le idee, le attese, le proposte di tutto il popolo di Dio. Sono stati creati spazi in cui le persone, tutte, potessero esprimere il loro sentire, in cui la loro voce venisse presa in considerazione, con gratitudine e semplicità. Ma perché dall’ascolto si passi al discernimento, è necessario non trasformare i propri contributi in puntigli da difendere o agende da imporre, ma offrirli come doni da condividere, pronti anche a sacrificare ciò che è particolare, se ciò può servire a far nascere insieme qualcosa di nuovo secondo il progetto di Dio. Altrimenti – prosegue Francesco – finiremo per chiuderci in dialoghi tra sordi, dove ciascuno cerca di “tirare acqua al proprio mulino” senza ascoltare gli altri, e soprattutto senza ascoltare la voce del Signore.

Un altro elemento importante è quello di saper dare spazio a tutti e tutte, nessuno escluso, creando armonia nella diversità e non omologando tutti alla stessa altezza. Tra noi – evidenzia il pontefice – ci sono molte persone forti, preparate, capaci di sollevarsi in alto con i movimenti vigorosi di riflessioni e intuizioni geniali. Tutto ciò è una ricchezza, che ci stimola, ci spinge, ci costringe a volte a pensare in modo più aperto e ad andare avanti con decisione. Ma è doveroso, a tempo opportuno, avere anche la capacità di rilassare i muscoli e di chinarsi, per offrirsi gli uni agli altri come abbraccio accogliente e luogo di riparo. Per dirla con san Paolo, «noi che siamo i forti abbiamo il dovere di sopportare l’infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi» (Rm 15, 1). Ma con la consapevolezza che anche i cosiddetti forti hanno bisogno dei presunti deboli, perché la sinodalità non è fare graduatorie tra chi è degno di essere ascoltato e chi no, ma è far sì che ciascuno si senta libero di esprimersi spontaneamente e liberamente, perché percepisce attorno a sé la presenza di amici che gli vogliono bene e che rispettano, apprezzano e desiderano ascoltare ciò che ha da dire. La Chiesa ha bisogno di “luoghi pacifici e aperti”, da creare prima di tutto nei cuori, in cui ciascuno si senta accolto come figlio in braccio a sua madre e come bimbo sollevato alla guancia dal padre.

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