Oltre il sistema binario
Quanta fatica facciamo per metterci nei panni degli altri. Essere empatici, cogliere il vissuto di chi in qualche modo avviciniamo nelle nostre giornate sembra essere una possibilità sempre meno alla nostra portata. Basta farsi un giro sui social e vedere il tenore dei commenti a qualsiasi notizia: denigrare, sbeffeggiare, offendere, bullizzare sono all’ordine del giorno, pare che i freni inibitori – sul web, ma non solo! – siano andati persi. C’è tanta cattiveria gratuita, dovuta forse a ignoranza e superficialità, a un dilagare di contenuti vuoti, senza senso, atti solo a racimolare like e a creare «engagement» (il coinvolgimento degli utenti che una pagina o un profilo riescono a stimolare: commenti, condivisioni, «mi piace»).
Alla luce di tutto questo è doveroso fermarsi. Per fare che? Tra le tante cose, ce n’è una molto semplice, che però in questo ritmo frenetico e in questo clima esacerbato risulta un’impresa titanica: prendere in mano un romanzo, un libro di poesie e leggerlo con calma, concedendosi tempo, fiato e respiro, immergendosi nel vissuto dei personaggi, senza fretta, lasciandoci coinvolgere e toccare. Forse può sembrare una proposta banale, ma Papa Francesco sostiene che “mentre sentiamo tracce del nostro mondo interiore in mezzo a quelle storie che leggiamo, diventiamo più sensibili di fronte alle esperienze degli altri, usciamo da noi stessi per entrare nelle loro profondità, possiamo capire un po’ di più le loro fatiche e desideri, vediamo la realtà con i loro occhi e alla fine diventiamo compagni di cammino”. La letteratura è una via umanizzante, che ridona sensibilità e tenerezza di cuore, una palestra dove allenare lo sguardo a cercare ed esplorare la verità delle persone e delle situazioni come mistero.
Una delle conseguenze più evidenti della velocità che travolge le nostre vite è la polarizzazione, il semplificare la complessità fino a ridurla a due posizioni estreme in totale contrapposizione tra loro, due tifoserie che si fanno la guerra. Uno sguardo superficiale vede solo il bianco e il nero e si perde per strada non soltanto le 50 sfumature di grigio che possono esistere, ma i mille colori che tingono le nostre esperienze quotidiane. Una tale semplificazione ci impedisce di scendere in profondità, di approfondire, ci condanna a giudizi sommari e superficiali della realtà. La letteratura invece, «nell’aprire al lettore un’ampia visione della ricchezza e della miseria dell’esperienza umana, educa il suo sguardo alla lentezza della comprensione, all’umiltà della non semplificazione, alla mansuetudine del non pretendere di controllare il reale e la condizione umana attraverso il giudizio.
Lo sguardo della letteratura forma il lettore al decentramento, al senso del limite, alla rinuncia al dominio, cognitivo e critico, sull’esperienza, insegnandogli una povertà che è fonte di straordinaria ricchezza.
Nel riconoscere l’inutilità e forse pure l’impossibilità di ridurre il mistero del mondo e dell’essere umano ad una antinomica polarità di vero/falso o giusto/ingiusto, il lettore accoglie il dovere del giudizio non come strumento di dominio ma come spinta verso un ascolto incessante e come disponibilità a mettersi in gioco in quella straordinaria ricchezza della storia dovuta alla presenza dello Spirito, che si dà anche come Grazia”.