Maria Caccialanza, oggi!

Maria Caccialanza è la seconda superiora delle primissime comunità, scelta da don Vincenzo, dopo l’esito poco felice della prima superiora, Angelina Cipelletti la quale, scaduto il suo mandato, aveva lasciato la piccola fondazione.

Oltre questo incarico, affidato al buon senso, durato solo cinque anni, di cui due segnati da una malattia che l’ha sfibrata e portata alla morte, che cosa di lei è riuscito a superare il tempo, i numerosi eventi storici intercorsi, i cambi epocali, lo sviluppo e l’approfondimento del Carisma, la ricerca teologica, la prassi pastorale… per giustificare il ricordo affettuoso di lei che ancora oggi teniamo vivo?

Sono state conservate solo pochissime lettere: era analfabeta e solo tardivamente autodidatta. Nei certificati di residenza era classificata come «tessitrice».

La memoria di lei è stata fissata in alcune espressioni che probabilmente ripeteva con frequenza e che lasciavano intravvedere che cosa alimentava la sua vita e la sua preghiera.

Leggendo la sua biografia «Una santa senza aureola» che riporta testimonianze dirette e altro materiale storico di archivio, che cosa oggi posso raccogliere dalla sua esperienza, considerato che la sua persona, come l’abitazione, l’abito, le abitudini, il lavoro a cui si dedicava non la facevano molto diversa dalle altre donne di paese?

Una peculiarità che spicca marcata da questa vita, comune a tante altre sue  contemporanee, è LA VICINANZA.

Una vicinanza fisica, concreta, feriale, attenta, disinteressata, poco appariscente, schiva, decentrata.

Una vicinanza spirituale senza distinzione di classi sociali o di appartenenze, che si faceva carico, che si prendeva cura…, che accompagnava a distanza, che accoglieva la fatica e la sofferenza di tante famiglie condividendone il peso, i sogni e i progetti delle giovani alimentandoli di fiducia.

Vicinanza che poteva essere espressione del suo carattere più mite che intraprendente, delle sue qualità umane semplici, del senso di inadeguatezza che dichiarava di fronte al compito richiestole, caratteristiche queste che non creavano barriere o chiusure ma che esprimevano efficacemente una missione, la sua. È la vicinanza dei «piccoli e dei semplici del Vangelo».

Oggi, nel ricordo della sua nascita al Cielo, ci soffermiamo perciò non tanto sulla sua «umiltà», spesso evidenziata dalla Tradizione dell’Istituto, ma sulla sua VICINANZA.

È stato il suo modo di vivere la vita cristiana, la forma con cui ha concretizzato l’intuizione di don Vincenzo Grossi, l’esempio che ha chiarito i primissimi tratti del Carisma.

Può essere una chiave interpretativa per viverlo noi, oggi.

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