Ancora sulla letteratura: velocità non fa rima con profondità
Corriamo. Sempre. C’è addirittura chi si vanta di essere sempre impegnato, con l’ennesimo termine inglese a testimoniarlo: il “busy bragging”, l’ostentare ed esibire la propria agenda piena come prova di una vita appagata e appagante. L’essere perennemente impegnati è diventato quasi uno status symbol. Chi si ferma è perduto e guai a fermarsi allora. Ma bisogna fare i conti anche col fatto che chi non si ferma mai si perde tutto! Vivere di corsa – verso dove, poi? – senza soste, senza pause, porta inevitabilmente alla superficialità, al non andare mai a fondo, fermandosi alla scorza delle cose senza raggiungerne il nocciolo, l’essenza.
La vita si riduce a un mero rimanere a galla, fermi alla crosta, incapaci di affondare le nostre radici nel terreno della quotidianità. È una frenesia che purtroppo non può essere circoscritta solo ad alcuni ambiti, imprenditoriali o lavorativi, magari di gente senza scrupoli che mette il denaro al di sopra di tutto. No, riguarda anche gli aspetti più nobili e umani: «In verità, il nostro sguardo ordinario sul mondo è come “ridotto” e limitato a causa della pressione che gli scopi operativi e immediati del nostro agire esercitano su di noi. Anche il servizio cultuale, pastorale, caritativo – ammonisce papa Francesco – può diventare un imperativo che indirizza le nostre forze e la nostra attenzione solo sugli obiettivi da raggiungere. Ma, come ricorda Gesù nella parabola del seminatore, il seme ha bisogno di cadere in un terreno profondo per maturare fecondamente nel tempo, senza essere soffocato dalla superficialità o dalle spine (Mt 13,18-23)».
Non possiamo far coincidere il valore e la densità della vita con il numero di obiettivi raggiunti, con i risultati ottenuti, con la quantità di impegni che riempiono l’agenda, con le corse contro il tempo per farci star dentro tutto. Efficienza non è sinonimo di pienezza. «È necessario –continua il pontefice – recuperare modi di rapportarsi alla realtà ospitali, non strategici, non direttamente finalizzati a un risultato, in cui sia possibile lasciar emergere l’eccedenza infinita dell’essere». Perché è vero che abbiamo tanto da fare ma è vero che dobbiamo, prima di tutto vivere, dare la precedenza alla vita.
La salute mentale – soprattutto quella di bambini e adolescenti – è al collasso, segnata mai come prima da ansia e paura. «Il rischio è quello di cadere in un efficientismo che banalizza il discernimento, impoverisce la sensibilità e riduce la complessità. È perciò necessario ed urgente controbilanciare questa inevitabile accelerazione e semplificazione del nostro vivere quotidiano imparando a prendere le distanze da ciò che è immediato, a rallentare, a contemplare e ad ascoltare. Questo può accadere quando una persona si ferma gratuitamente a leggere un libro. Distanza, lentezza, libertà sono i caratteri di un approccio al reale che trova proprio nella letteratura una forma di espressione non certo esclusiva ma privilegiata».