Ponteterra, le suore! (Sui sentieri di don Vincenzo – 2)

Una manciata di case, due strade deserte da mattina a sera. Qui la vita scorre dalla porta verso dentro, oppure altrove, perché come tanti altri borghi rurali, è diventato un «dormitorio» e si popola la sera attorno all’unico bar  «Willer» o davanti agli usci di casa per le ultime news scambiate con le vicine.

Ponteterra non è sempre stata così. Ha avuto le suore con la casa che si affacciava sul sagrato della Chiesa, e che nel sottotetto ospitava un salone per la scuola di ricamo iniziata da Maria Caccialanza, venuta da Pizzighettone, una suora di don Vincenzo Grossi. E poi c’era la canonica grande, capace di accogliere fino a 11 sacerdoti che frequentavano, o come studenti o come professori, la scuola di teologia qui organizzata. C’è, infatti, un legame tra questa attività e il patrono della chiesa, san Girolamo!

La casa delle suore è stata trasformata in appartamenti e una targa sulla facciata fa memoria della loro presenza durata quasi un secolo. La canonica non è vuota e, anche se non vi risiede un sacerdote, vi si svolgono attività pastorali e sociali.

La memoria delle suore passa nei racconti degli anziani, nelle foto di famiglia, nelle foto di gruppo della scuola materna o delle prime comunioni. Visi, nomi, raccomandazioni ma soprattutto vicinanza e cura.

Caratteristiche queste ultime che ogni figlia dell’Oratorio che è passata a Ponteterra ha avuto la possibilità di esprimere attraverso un servizio ora più qualificato ora poco appariscente o addirittura invisibile.

La gente ricorda le «suore», meno la «mia suora»: e i loro racconti lasciano scorgere una vita, quella delle suore, semplice, segnata da comunione fraterna e collaborazione.

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