«Silenzio, il padre dice la Messa!»

«Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue non ha la vita», ci propone la Liturgia della Parola nella festa del Corpus Domini.

Il commento migliore lo troviamo nelle parole di Giovanni Battista Zazzara che depose al Processo canonico istituito per Filippo Neri a poco più di un anno dalla morte: «Filippo era necessitato a celebrare ogni mattina l’Eucaristia , o, se era infermo, comunicarsi ogni notte, senza della quale non poteva vivere».

Ed erano tempi in cui la messa e la comunione non erano ancora frequenti, meno ancora quotidiani.

Filippo Neri celebrò la sua ultima messa proprio mentre la Chiesa si preparava a celebrare la festa del Corpus Domini.

Dove Filippo ha radicato la sua spiritualità eucaristica?

Filippo l’ha fondata nel realismo dell’Incarnazione, che lo ha portato a considerare il calore della umanità di Gesù più della sua maestà divina. La presenza di Cristo nell’Eucaristia per Filippo era divenuta una evidenza commovente. La tradizione patristica, la familiarità con le Sacre Scritture, la testimonianza dei martiri e dei santi aprirono il suo cuore a riconoscere e aderire a questa presenza. È noto il suo impressionante fervore eucaristico (lasciava l’impronta dei denti sul calice).

La pietà eucaristica di Filippo era solidamente innestata in tutto l’insieme della sua vita, non era una devozione, ma il centro della sua esperienza di fede. Dall’Eucarestia celebrata, ricevuta e adorata sgorgava l’impegno di carità che ha caratterizzato la sua esistenza.

Quando organizzava le quarantore, ai suoi discepoli, che avevano terminato l’ora di adorazione, diceva: «Orsù fratelli è finita l’ora, ma non quella di ben operare e di ben fare».

Alla base di tutto c’è il principio che la vita spirituale non si fonda su una «gnosi», ma su un incontro, su un avvenimento reale, che non separa dalle circostanze della vita.

 

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