Quando Icaro non vola più
Conosciamo tutti il mito di Icaro, rinchiuso insieme a suo padre Dedalo nel labirinto del Minotauro. Il geniale Dedalo, per fuggire da quella che era diventata la loro prigione, costruisce delle ali con le penne e le attacca ai loro corpi con la cera. Mette in guardia il suo figliolo di non volare troppo in alto, per evitare il pericolo di precipitare. Ma ahimè, il giovane Icaro, preso dall’ebbrezza del volo, scorda il saggio consiglio del padre. Dimentico dei limiti da non oltrepassare, si avvicina troppo al sole, la cera delle ali si scioglie e piomba in mare, dove trova la morte.
Facilmente associamo la figura di Icaro agli adolescenti e ai giovani, che per antonomasia sono quelli che duellano col limite, si oppongono all’autorità genitoriale, si ribellano alle regole sociali o familiari per scoprire fin dove possono arrivare e sono attratti dalla trasgressione.
Ma è proprio così? O meglio, è ancora così? La società ha vissuto cambiamenti molto significativi, in tutti gli ambiti vitali. La famiglia – e con essa il modello educativo – non è più di tipo normativo, dove le regole sono chiare e nette, non discutibili e rivestono grande importanza. Ora il modello è quello affettivo, dove al centro ci sono le emozioni e gli affetti, dove ogni cosa ha bisogno di essere negoziata per evitare ai più giovani qualsiasi sensazione di disagio o di frustrazione.
Alla luce di questo cambiamento, possiamo affermare che se gli adolescenti di ieri erano gli Icaro che volavano troppo in alto, i novelli Icaro hanno invece paura di volare. Il timore di sbagliare è più forte del desiderio di oltrepassare il limite, l’ansia del fallimento tarpa loro le ali ancor prima di spiccare il volo. Gli Icaro di ieri dovevano misurarsi col senso di colpa nel caso di trasgressione della regola, quelli attuali con un grande senso di inadeguatezza che nasce dal doversi misurare sulle prestazioni, con la paura di non essere abbastanza, di non riuscire a stare al passo. L’apparire e l’avere successo sono i nuovi diktat a cui sottostare.
Gli adolescenti di ieri sono dunque molto diversi da quelli del passato e come educatori abbiamo il dovere di esserne coscienti, per poter far rinascere in loro la gioia di spiccare il volo e il coraggio di affrontarne il rischio. In un mondo fortemente segnato dalla prestazione, occorre imparare a dire e a far percepire al ragazzo che… «se sbagli non fa niente!». Non è un dramma compiere errori, non è un fallimento non essere performanti, non è una colpa fare dei passi falsi. Il peggio che possa succedere non è questo, ma non dare il meglio di sé, non riconoscere la passione e il fuoco che ci abitano, lasciare che la determinazione e la tenacia si spengano nel momento in cui non arrivano i risultati che la società, col suo metro di misura fatto di like e visualizzazioni, impone. Il punto non è il risultato, ma l’imparare a volersi bene, a guardarsi con uno sguardo mite, che sappia cogliere il vero valore di sé, che non coincide col valore che ci viene dato dall’esterno. Allora ben vengano la fatica, lo sforzo, l’impegno, la strada in salita, il sudore: parole diventate tabù per molti genitori ed educatori che vorrebbero evitarle ai giovani che hanno davanti. Solo recuperandole e guardandole senza ansia o timori, gli Icaro di oggi impareranno a volare e a farlo con le loro forze.