Maria fuori dagli schemi
Maggio, anche oggi che viviamo in un tempo per lo più scristianizzato e secolarizzato, richiama diffusamente la Madonna. Ma qual è l’immagine di Maria che ci accompagna? Che idea ci siamo fatti – o ci è stata offerta – di questa donna capace di catalizzare la devozione di tante persone, le più svariate? Sono significative le parole di santa Teresina di Lisieux:
«Quanto poco sappiamo sulla vita della Santa Vergine. Non si dovrebbe consentire che si raccontino cose inverosimili su di lei. Si intuisce bene che la sua vita dev’essere stata del tutto comune. Ma la Santa Vergine viene mostrata irraggiungibile; la si dovrebbe mostrare imitabile […]. Va bene ed è bello parlare delle sue prerogative e privilegi, ma si deve parlare in modo che le persone la possano amare. Chi sa che più di un’anima venga sospinta da una creatura così superiore, addirittura verso una sorta di estraniazione?»
Sono affermazioni che forse non immaginiamo provenienti da una santa come lei, ci appaiono troppo provocatorie. Non possiamo però negare la loro veridicità, tanto che anche nella Lumen Gentium, al numero 67, «il Santo Concilio esorta caldamente i teologi e i predicatori della parola divina ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure da una eccessiva grettezza di spirito, nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio». Quando si parla di Maria di Nazareth, il pericolo oscilla tra questi due opposti: esagerarne la figura, divinizzandola, oppure sminuirne il ruolo, impoverendolo fino al punto di annullarlo e renderlo sbiadito e insipido. Entrambi non rendono merito alla sua reale essenza, che «pur completamente abbandonata alla volontà del Signore, fu tutt’altro che donna passivamente remissiva o di una religiosità alienante» (Marialis Cultus 37). Maria è colei sulle cui labbra l’evangelista Luca pone il canto rivoluzionario del Magnificat, un inno al sovvertimento dello status quo, che racconta di un Dio che rovescia i potenti e disperde i superbi, che innalza gli umili e ha a cuore chi ha fame. Una donna libera e non sottomessa, che fa domande all’angelo Gabriele cercando di capire quel che succede, non avulsa dalla realtà, non prona e a capo chino, non silente e asservita ma diritta e luminosa, capace di rompere gli schemi e di sfidare senza timore costumi e tradizioni e quel sistema che l’avrebbe voluta morta per aver trasgredito la legge divina.
In questo tempo in cui si fa un gran parlare di donne nella chiesa, del loro ruolo e del loro apporto, tornare a volgere uno sguardo pulito e purificato alla figura di Maria aiuterà la comunità ecclesiale a uscire da quella dicotomia che vede le donne da un lato esaltate e idealizzate e dall’altro mortificate, se non addirittura demonizzate. Le donne sono ben di più che figure ispiratrici che non hanno potere e non decidono nulla, e Maria questo ce lo ha mostrato con chiarezza. A noi, chiesa di oggi, riconoscerlo.