L’ascetismo… epistolare di don Vincenzo
Il portalettere di Vicobellignano puntualmente, come ogni giorno, consegnò un bel plico di corrispondenza al Parroco, don Vincenzo. Tra le varie calligrafie riconosceva quella di Taddea che era stata sua vicina di casa e che gli aveva insegnato a leggere e a far di conto e che ora si era fatta suora secondo l’idea di don Vincenzo. Consegnandole al parroco si guardava bene però dal fare commenti per non essere inopportuno.
Da parte sua don Vincenzo aveva messo tra le occupazioni prioritarie della giornata quella di rispondere alla corrispondenza, in qualsiasi caso, quel giorno ancora di più perché doveva assentarsi una settimana per predicare le Missioni.
Trovò la lettera di Taddea che di solito era la più problematica e dopo averla letta scrisse così:
«Ti rispondo subito, per essere fedele al mio proposito fatto, di dar corso presto ad ogni faccenda, appena è possibile» e aggiunse che la sua domestica, la Bigia, la ringraziava per il biglietto che le aveva spedito e che aspettava ancora le mele ed il burro. Chissà forse un accordo tra le due?
Don Vincenzo, conoscendo Taddea, la classica persona che voleva tenere tutto sotto controllo, tendenza che mal sopportava in lei, proseguì la lettera con un tono ironico, quasi a voler mettere in difficoltà la poverina, dando delle notizie ma senza confermarle. Più volte la suora si era spazientita per questa modalità, ma lui voleva portarla a fidarsi delle persone.
E cominciò il gioco, immaginando le domande di Taddea alle quali però dava delle risposta approssimative.
«Quando arriverà? Mah!… Presto. Da chi viene accompagnata? È chiaro, dalla Superiora. Chi é, da dove viene? Viene da Lodi, senza essere della Casa di Lodi? È una novizia? Forse sì, forse no; e nel caso, un po’ di noviziato, per un po’ di tempo, lo farà sotto di te. Ahi! Che Maestra delle Novizie la Madre Taddea!?!… È vecchia, è giovane? È più giovane di te di parecchi anni. È buona, docile, un’agnellina? Credo di sì: la proverai. Dunque preparale il nido; ed attendila prima del S. Natale». Si trattava di una giovane che don Vincenzo, d’accordo con la Superiora, inviava a Bagnolo in aiuto alla comunità.
Don Vincenzo mentre scriveva sorrideva tra sé e sé, tra il compiaciuto e il furbo, pur sapendo che Taddea su certi aspetti del suo carattere era irriducibile. In fondo anche se originale era genuina ed autentica. Chiusa la lettera quel giorno, sapeva di non aver risolto i problemi con lei e che ne trovava uno nuovo ad ogni scritto. Ma la cosa non gli dispiaceva: non era un gioco di prova di forza, ma un esercizio ascetico dove in campo dovevano mettere entrambi l’ascolto e la pazienza.