Cuori ardenti, piedi in cammino

È molto suggestivo il titolo della giornata missionaria mondiale 2023. Cuori ardenti e piedi in cammino rendono subito l’idea di calore e movimento, di passione e orizzonti aperti. Tolgono di mezzo la stasi e l’immobilità, l’indifferenza e il disinteresse. E queste poche parole delineano bene ciò che è e ciò che non è missione.

I cuori di cui parla papa Francesco non sono di uomini idealisti, che vivono di fantasie e chimere. Sono quelli dei due discepoli di Emmaus, che hanno appena vissuto la loro delusione più grande, il loro fallimento più cocente, la disfatta totale. Sono cuori carichi di frustrazione perché le cose non sono andate come previsto, di chi vive uno scontro durissimo tra aspettativa e realtà, tra l’ideale e la concretezza della vita. E quei piedi sono in cammino verso la rassegnazione, hanno già chiuso il discorso su una storia dal sapore amaro.

Paradossalmente, la missione nasce proprio da qui e acquista autenticità e verità proprio perché non scavalca il disincanto ma lo attraversa, non si nasconde dietro le maschere dell’ottimismo disincarnato e della gioia senza radici. Il cuore di questi discepoli si riaccende solo quando scoprono che nella sua parte più buia e disperata si intrufola la forza terapeutica del Vangelo; quando si accorgono che non vengono lasciati soli anche nel momento in cui stanno camminando nella direzione sbagliata e contraria e tutto sembra irrimediabilmente perduto. Ed è proprio questo che li fa tornare sui loro passi e che andranno ad annunciare.

La nostra chiesa ha nutrito per molto tempo aspettative di gloria che la storia stessa sembrava concederle. Ma il tempo del trionfalismo cristiano è finito. Joseph Ratzinger nel lontano 1969, disse che «dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che aveva costruito nella prosperità. Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gran parte dei privilegi sociali».

Parole che inquadrano bene il cambiamento che stiamo attraversando, che tanto ci destabilizza e che ci invita a riposizionarci. Ma come ridare calore ai nostri cuori raffreddati? Come rimettere in cammino i nostri piedi stanchi, desiderosi soltanto di mettersi al sicuro e di salvare se stessi?

Se il cristianesimo non è più potente, non significa che sia meno vero, anzi! Questo tempo che infrange i vecchi sogni di gloria è opportunità per sgombrare il campo da ciò che è inutile e non fedele al Vangelo e creare lo spazio per qualcosa di diverso. È la storia il modo con cui Gesù si accosta a noi e ci parla; e ci sta dicendo a chiare lettere che la missione non è rendere il cristianesimo influente alla maniera mondana, ma andare oltre i confini religiosi, culturali, geografici, sociali e di genere: non ha importanza essere ebrei o gentili, uomini o donne, schiavi o liberi, perché in Cristo siamo nuove creature, dal cuore ardente e coi piedi in cammino.

«Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La conversione missionaria rimane l’obiettivo principale che dobbiamo proporci come singoli e come comunità, perché l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa».

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