Un dialogo lungo un secolo (Un insolito evento in Paradiso – 9)

«Signore, questa è proprio una delle cose che ho detto alle suore: senza discernimento c’è il rischio di rimanere ancorate a quello che si è sempre fatto, nella convinzione che siano gli altri a dover cambiare, a dover tornare come prima per evitare a noi lo sforzo dell’inculturazione e dell’attualizzazione del carisma. Un’altra cosa che mi sono permesso di dir loro, col rischio di apparire un po’ presuntuoso, è che secondo me alcune intuizioni che avevo avuto nei primi anni sullo stile che avrebbe dovuto avere l’Istituto restano tuttora molto attuali. Ed è passato più di un secolo!».

«Ne sono convinto anche io, Vincenzo. Sarebbe molto bello favorire il confronto e il dialogo tra le suore su quelli che potrebbero sembrare banali elementi di forma, ma che in realtà esprimono anche un peculiare modo di essere chiesa e di vivere la vita religiosa. Ad esempio, tu hai sempre detto loro di non avere una cappella in casa, per poter pregare con la gente, stando in mezzo a tutti, senza separazioni di sorta. Ancora, hai voluto che non vivessero in conventi ma in case: un segnale chiaro e concreto di vicinanza, un’espressione di un certo tipo di chiesa, non piramidale, in cui qualcuno sta più in alto e qualcuno più in basso, ma comunionale, in cui le differenze non dividono e non opprimono ma sono semplicemente espressione della ricchezza e fantasia dello Spirito. La stessa cosa vale per l’abito. Avevi ben intuito che poteva essere un impedimento per avvicinare e lasciarsi avvicinare dalle giovani».

«Sì, Signore. Anche il modo di vestire parla di noi. Un abito che insista troppo sulla distinzione rischia di creare distanza e sospetto. Al giorno d’oggi c’è bisogno di vicinanza, di ponti. Come si può dire che tu sei un Dio vicino stando a distanza? Ho sempre detto alle mie suore che siano vere religiose nel cuore, avendo un abito consueto, facendo tutto come gli altri ma con l’animo rivolto a Te. Una vera religiosa non ha paura di “contaminarsi”, è chiamata a immergersi nei luoghi delle povertà materiali, spirituali e morali dei giovani con naturalezza e immediatezza. Non ha bisogno di separarsi per conservarsi pura. Come diceva San Paolo, “omnia munda mundis”». 

«Sì, tutto è puro per i puri. Raccomanda alle tue suore di non spaventarsi e di non aver timore di entrare in contatto con situazioni inedite, a volte anche al limite della moralità. E di farlo con rispetto, senza giudizio, in punta di piedi. Perché spesso è proprio lì che io mi nascondo e mi lascio trovare».

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