Non solo scarpe buone
Nell’udienza di mercoledì 12 aprile u.s. papa Bergoglio ha posto la sua attenzione sullo zelo evangelico, definendolo come una calzatura: «Nei combattimenti era fondamentale avere stabilità di appoggio, per evitare le insidie del terreno e per avere la forza necessaria per correre e muoversi nella direzione giusta». Ecco spiegata l’importanza di una buona scarpa. Francesco prosegue sottolineando che «non c’è annuncio senza movimento, senza “uscita”, senza iniziativa. Questo vuol dire che non c’è cristiano se non in cammino, non è un cristiano se il cristiano non esce da sé stesso per mettersi in cammino e portare un annuncio. Non si annuncia il Vangelo da fermi. Il Vangelo si annuncia muovendosi, camminando, andando».
Il movimento richiesto dallo zelo evangelico richiama inevitabilmente quella «chiesa in uscita» che il pontefice continua a sollecitare e a indicare come carattere ecclesiale fondante. Non si tratta soltanto di uscire dagli uffici o di spostarsi dalle scrivanie e dai monitor dietro cui facciamo i leoni da tastiera pseudo evangelizzatori. Chiesa in uscita è senza dubbio una chiesa che non ha paura di sporcarsi le mani e le vesti, una chiesa che fa del servizio il suo tratto distintivo. Ma prima ancora è una chiesa disposta a uscire da schemi mentali e categorie ecclesiali vecchie, che confinano lo Spirito e non lo fanno circolare.
«Un annunciatore deve essere libero da schemi e predisposto ad un’azione inaspettata e nuova: preparato per le sorprese. Chi annuncia il Vangelo non può essere fossilizzato in gabbie di plausibilità o nel “si è sempre fatto così”, ma è pronto a seguire una sapienza che non è di questo mondo». Mettersi in cammino non significa necessariamente iniziare a macinare chilometri. Si correrebbe il rischio di girare a vuoto, senza meta, o peggio ancora, potremmo ritrovarci a spendere tante energie per percorrere strade già battute, mossi solo dal desiderio di salvare il salvabile e di mantenere l’esistente.
In una paginetta che il futuro papa Francesco ha usato per il suo discorso poco prima di essere eletto, dice che la Chiesa deve ascoltare il «bussare del Signore», che sta alla porta, ma bussa per uscire, non per entrare: vuole uscire nel mondo! Il movimento che ci è chiesto è quello della kenosi, dello svuotamento, del lasciare andare convinzioni obsolete, di prendere atto che non è la legge ecclesiale che salva, ma è Cristo che salva. Ci è chiesto di «avere questa prontezza alla novità del Vangelo», di aprire porte, togliere sbarramenti, allargare gli spazi anziché restringerli, non catturare Dio nelle chiusure ecclesiali.
«Il pericolo è quello di uno zelo distorto, orientato in una direzione sbagliata. Talvolta abbiamo a che fare con una premura mal orientata, accanita nell’osservanza di norme puramente umane e obsolete per la comunità cristiana». Come diceva Dante, occorre saper discernere «ciò che non muore e ciò che può morire». Anche nella Chiesa.