Ci sono ceneri e ceneri
Ci sono le ceneri di un paese e di un popolo distrutti dai missili. Ci sono le ceneri delle vittime che cadono sotto le armi nei focolai di guerra accesi in diverse parti del mondo. Ci sono le ceneri dei morti sepolti sotto le macerie di un terremoto apocalittico, e quelle disperse nelle acque di un mare che, da via verso la speranza, diventa cimitero. E poi ci sono le ceneri quotidiane, quelle a cui ci siamo un po’ assuefatti: le ceneri del senso di umanità.
E noi cristiani continuiamo, in un mercoledì di una acerbissima primavera, andare in chiesa per ricevere le ceneri: un gesto che consideriamo sacro.
Si dice che le ceneri del mercoledì siano ricavate dai rami d’ulivo benedetti la domenica delle Palme e bruciati. Un collegamento pensato per dare sacralità a un pugno di polvere grigia.
E se venissero usate le ceneri di ciò che viene distrutto dall’odio, dalla violenza, dall’egoismo, di chi muore vittima innocente!?
Il «Convertiti!» che il ministro dice ad ogni fedele a cui impone le ceneri come suonerebbe? Quale peso avrebbe sulla testa questo pizzico di polvere di umanità distrutta?
Il profeta, infatti, ci fa sapere che a Dio questo gesto, anche se sacro, non piace quando non va d’accordo con i sentimenti che abitano il cuore. Ci sono ceneri e ceneri!
Non posso, allora, presentarmi a questo rito auspicando per me una religiosa ed intima conversione, perché le ceneri del mondo e non più quelle di pochi rami d’ulivo, pesano su di me come un male oscuro ma reale e diffuso che sta distruggendo il senso di umanità che Dio ha consegnato ad ogni creatura, anche a me.
Da questo male anch’io per la mia parte devo convertirmi.
Di quali ceneri voglio sia segnato il mio capo, per non dimenticare la realtà?