Un viaggio imprevedibile
La stagione era favorevole, non c’era ancora il freddo rigido dell’inverno ma neppure il sole cocente dell’estate per cui potevano camminare finché la luce del giorno glielo consentiva e gli animali reggevano la fatica della strada. Giuseppe aveva preso in affitto un asino buono, per farvi salire Maria. Quando si fermavano, se non c’erano villaggi nei dintorni presso cui chiedere alloggio, cercavano di organizzarsi come un piccolo campo: il fuoco al centro e intorno le donne, poi gli animali e nel cerchio più esterno gli uomini che a turno facevano la guardia. Scesero lungo la valle del Giordano e la prima tappa importante fu Gerico. Qui fecero alcuni rifornimenti di cibo e acqua perché adesso li aspettava il deserto di Giuda da attraversare. Maria cercava di non dare nell’occhio per non creare allarmismi tra i componenti della comitiva ed evitare che qualcuno, perché la carovana non avesse problemi, costringesse Giuseppe a fermarsi di più per farla riposare e quindi a prolungare i giorni del viaggio. A Gerico Giuseppe cambiò la cavalcatura, ne prese una più fresca e al ritorno avrebbe ripreso il loro asino. Alla sera intorno al fuoco i discorsi delle donne erano sui figli affidati ai vicini. Una in particolare, discendente della casa di Davide, ripeteva che lei voleva avere tanti figli maschi perché uno di loro potesse essere il «Messia» e aggiungeva che alcuni rabbini affermavano che il tempo era ormai vicino. Quando Maria ascoltava questi discorsi si rimpiccioliva e voleva passare inosservata, ma c’era sempre quella più invadente che rivolgendosi a lei diceva: «Per ora a te questo non succederà perché la forma della tua pancia dice che nascerà una bambina». Maria non aggiungeva nulla, ma le venivano alla mente le parole dell’angelo e se la sua gravidanza non era segreta, era segreto chi era il figlio che avrebbe dato alla luce e custodiva tutto questo con il suo silenzio che aveva un’aurea di sacro.