La vita abbraccia il rifiuto
Era successo quello che nessuno avrebbe voluto gli capitasse. Giuseppe pensava di riuscire ad arrivare a Betlemme prima di notte e alloggiare presso parenti lontani, ma si rese conto che Maria non era in grado di proseguire anche solo per poche ore il viaggio.
Con tutto quel va e vieni di gente, e le diverse possibilità di alloggi adatte a tutte le tasche, Giuseppe non riusciva a capire il rifiuto dopo tanti tentativi: perché per loro non c’era posto neppure per attaccare l’asino? Giuseppe cercò di avanzare qualche protesta ma non servì a nulla se non ad essere allontanato con minacce. Davanti a tanto, Giuseppe si sentì uno straniero in casa sua; quella era la sua terra, la terra dei suoi padri, eppure non gli veniva riconosciuto il diritto di appartenenza neppure per poter far distendere la sua sposa qualche ora. E se il bambino fosse nato in quel luogo? Altro che «salvatore», lo avrebbero considerato un usurpatore, un forestiero. Sconsolato ma non perso d’animo, si addentrò nel buio della campagna e mentre trascinava l’asino col suo carico prezioso, intravvide una capanna. Era vuota, qui nessuno l’avrebbe cacciato, o gli avrebbe detto che era indesiderato, o che toglieva il posto ad altri, o che avrebbe potuto evitare di mettersi in viaggio in cerca di fortuna…per il figlio che stava per nascere.
Intorno solo buio, solitudine, povertà, indifferenza, rifiuto…! Sono diventati, però lo spazio, l’unico spazio disponibile in cui Maria riuscì a dare alla luce, suo figlio, il Figlio di Dio.