La visita dei magi
La nascita di un erede al trono in ogni regno, piccolo o grande che sia, è sempre un evento a due facce: gioia per la continuità della dinastia, minaccia per i nemici del regno.
Alcuni astrologi osservando le stelle avevano dedotto che era nato un erede in uno dei regni loro vicini, e si misero in viaggio per trovare conferma alle loro congetture. La ricerca durava già da qualche mese e non avevano ancora individuato un erede nato da poco.
Finché arrivarono a Gerusalemme, piccola capitale di un regno sotto il dominio dei romani che avevano concesso che il paese continuasse ad avere il suo re dinastico, anche se era solo un simbolo.
La loro carovana non poté sfuggire né al controllo delle guardie, né agli occhi degli abitanti e meno ancora alla corte.
Furono accolti a palazzo con mille attenzioni ma con tanta circospezione. Era risaputo che questi studiosi erano spiriti liberi perché vivevano tra le nuvole, ops! tra le stelle, e non c’era niente di più ingovernabile del firmamento.
Erode, il re di turno, li ricevette personalmente, si interessò, ma non aggiunse nulla di nuovo alla loro ricerca, se non che una vecchia tradizione attribuiva a Betlemme, città del re Davide, la possibilità di ristabilire la dinastia antica, quella messianica.
I magi lasciarono quindi Gerusalemme e raggiunsero Betlemme. Le parole del re avevano il sapore di una verità ed erano anche cariche di odio represso ma riuscirono a guidarli fino al luogo dove era nato l’erede di Davide. Erano però astrologi e non indovini per cui dovettero chiedere indicazioni precise agli abitanti di Betlemme. Ricevettero piccoli dettagli, sicuramente insoliti che avevano accompagnato un evento molto naturale come la nascita di un bambino. Chi parlava di angeli, chi di stella e di indizio in indizio si trovarono davanti alla casa dove era alloggiata la nuova famiglia «reale». Non c’erano più dubbi, il cuore ebbe un sussulto, la scienza lasciò il passo ai sentimenti.
Non fu loro negata l’ospitalità anche se erano stranieri, ed entrati in casa non ebbero occhi che per il bambino e sua madre. Si sprofondarono in inchini, come usavano salutare nel lontano oriente da cui provenivano. Maria non si scherniva davanti a tanta attenzione per suo figlio, né lo metteva in mostra. Accoglieva ogni gesto e i loro doni con naturalezza. Intuiva che questo bambino non sarebbe stato solo suo figlio…ma non riusciva a vedere oltre. I doni, però, che i magi gli offrirono potevano diventare una pista per scrutare il mistero nel quale, lei e suo figlio erano immersi. E quando tutta l’attenzione su di loro si spense, lei incominciò a tessere nel suo cuore il capolavoro a cui Dio l’aveva chiamata a collaborare.