Avvento, tempo del già e del non ancora
Che cos’è l’Avvento, chiedo ai bambini della catechesi.
È un calendario con tante finestrelle quanti sono i giorni che precedono il natale e nascondono una sorpresa, un regalino, una specie di anteprima dei regali natalizi.
Che cos’è l’avvento, chiedo ad un gruppo di amici mentre programmano dove trascorrere alcuni giorni di riposo e di svago per il prossimo capodanno?
È un tempo nel quale facciamo una specie di gioco di simulazione: aspettiamo la nascita di Gesù Bambino.
Che cos’è l’Avvento?…
Non oso più chiederlo a nessuno per timore che mi portino lontano da una riposta vera.
Infatti, il calendario dell’avvento è una trovata commerciale, la simulazione è un ripiego di una certa tendenza pseudopastorale che dà enfasi al fatto storico della nascita di Gesù e dimentica che adesso aspettiamo il ritorno del Signore. Forse è una strategia per non affrontare il tema della escatologia, o meglio per non voler fare la fatica di dire con parole semplici una verità semplice: Gesù è già nato, è già venuto, ma ritornerà e noi lo aspettiamo.
L’Avvento è, allora, un tempo che unisce il già, cioè l’evento storico dell’incarnazione, e celebra il non ancora, cioè il futuro ritorno del Signore.
Siamo in cammino non per riprendere, ogni anno, da capo la storia di una nascita prodigiosa, ma per rimotivarci a progredire verso il Signore, che ci viene incontro.
Dimensione storica e dimensione escatologica, passato e futuro non si possono separare.
Questa è l’attesa vera e reale, l’unica del tempo della Chiesa, quella a cui siamo chiamati a collaborare perché continui l’incarnazione di Cristo nel mondo e nell’uomo d’oggi.