Tutte le generazioni mi diranno beata 2 (Luca 1,48) (Mese di maggio con V. Grossi – 6)
Chi è questa donna che, pronunciando queste parole, crede di poter dominare l’incertezza dell’avvenire?
Ignora essa che la vita si incomincia con belle e seducenti speranze, ma termina col disinganno?
Ma quand’anche la sua vita dovesse scorrere senza infortuni, come poteva ella sapere se il suo nome sopravvivrà alla distruzione del tempo?
Tutte le generazioni mi chiameranno beata!
Questa parola sfida l’avvenire, chi dunque ha potuto pronunciarla?
È forse una giovane principessa, che vede tutto sorridere intorno a sé?
È forse un regina onnipotente che vede i popoli inchinare la loro fronte sotto il suo scettro?
È forse una madre che, nell’estasi dell’amore, vede il suo figlio coronato di gloria?
No, è una semplice donna della Galilea, sposa di un falegname; è della stirpe ebrea tanto disprezzata allora da re e imperatori. Ella è madre, ma il suo figlio sarà il rifiuto del popolo; lo scherno e la calunnia l’accompagneranno fino al termine di sua vita, che terminerà con un supplizio considerato un’infamia. E tuttavia è appunto questa donna, sì, questa madre che esclama: Tutte le genti mi chiameranno beata.
Questa profezia così strana, così ridicola, così assurda nell’ordine naturale delle cose, ha ricevuto un magnifico adempimento nella persona di Maria. Sì, tutte le generazioni hanno celebrato la sua fortuna, la sua gloria, la sua potenza. Tutti i secoli hanno invocato il suo nome. Tutte le nazioni Le hanno innalzato un altare vicino a quello di suo Figlio, e il mondo cattolico si è messo sotto il manto della sua maternità.