Per Dio non si fa mai troppo

In un colloquio con una suora, don Vincenzo riprese una espressione detta da lei, forse a conclusione della conversazione, o come un incoraggiamento a se stessa, o magari per una sottile e nascosta presunzione.

Don Vincenzo, non volendo evidenziare un caso a scapito degli altri, né enfatizzare nessuno, conoscendo la complessità dell’animo umano, riprese quelle parole e disse: «Iddio chiama ciascuno ad una data altezza e non più in alto; e ad ogni passo ci è data la grazia in misura, e noi dobbiamo far il passo solo tanto lungo, quanto comporta la nostra misura di grazia. La grazia non ci toglie né la nostra debolezza, né la nostra codardia.

Fare troppo è contrario alla discrezione. Così, nella mortificazione, possiamo far troppo quando operiamo per motivi puramente umani, il che vale tanto per la mortificazione interna come esterna.

La discrezione ci dice:

a) che la mortificazione è da considerarsi non come fine, ma come mezzo;

c) Ci dice anche che la mortificazione esterna non deve esser singolare.

d) Ci dice che la carità verso il prossimo deve predominare assolutamente sulle penitenze.

e) Ci dice che la mortificazione deve mettersi dopo i doveri del proprio stato.

f) Ci dice infine che se la penitenza ci rende burberi e se dopo una prova non siamo riusciti a domare il cattivo umore, noi dobbiamo lasciare la penitenza».

La suora capì che don Vincenzo voleva illuminarla in riferimento ad alcune richieste di penitenze straordinarie per le quali aveva chiesto consiglio.

E lo ringraziò perché aveva saputo leggere dentro le pieghe della sua anima e tra le righe delle sue parole.

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