Flagellazione… della carne (I quaresimali di don V. Grossi – 5)
Pilato era in una brutta condizione: dover condannare un innocente, anche se poteva salvarlo, perché giudice. Aveva paura che il popolo si sollevasse; aveva paura di Cesare. Che fare dunque? Ricorre per salvare Gesù Cristo ad uno strano e atroce espediente: la flagellazione. Quale orrore! Questo corpo formato dallo Spirito Santo nel seno di Maria, tempio vivo della divinità, esposto agli occhi di un’insolente plebaglia, e allo scherno di bestiali soldati! Quale vergogna in Gesù! Che si doveva aspettare dai soldati di Pilato istigati dal popolo, a gara fra loro nel battere? Vi farò io la descrizione di questo orrendo supplizio? No. Supplisca la vostra compassione. Solo vi dirò che in breve il corpo adorabile di Gesù non fu che una piaga, che non compariva più con forme umane, che in un estremo languore cadde ai piedi della colonna, privo di sensi.
Se gli amici di Giobbe al vedere il loro amico nello stato di ineffabili dolori, si stracciarono le vesti e rimasero muti per più giorni, così e più ancora dovremmo far noi al veder Gesù Cristo alla colonna.
Privo dei movimenti, privo di parola. Ma che dico, fratelli? Gesù non è privo di parola, anzi, in questo stato ci parla, ci ammaestra colle sue piaghe. Flagellato ci insegna a reprimere tutte le ricercatezze della carne.
«Quelli che sono di Cristo crocifiggono la loro carne con i vizi e le concupiscenze». Questo era quello che comandava a nome di Gesù S. Paolo. E notate che non parlava ai religiosi, a preti, a monache, ma a cristiani laici, come siete voi. E così hanno fatto i veri cristiani di tutti i secoli fino a noi e tra noi.
Noi, purtroppo, ragioniamo o per lo meno operiamo diversamente! È massima comune che non si debba troppo indebolire il corpo, che lo si abbia a trattar bene. E che questo lo facciano i mondani, non fa meraviglia. Ma è male quando fanno così anche quelli che scelgono di seguire Gesù, anche i devoti…