Come declinare la «partecipazione»
Da poco meno di un anno a questa parte sembra che se in un discorso o in una conversazione non si introduce la parola «sinodalità», sia incompleto. In un certo senso è vero, in primo luogo perché la Chiesa universale è coinvolta in un Sinodo, ed inoltre perché la sinodalità è caldeggiata da papa Francesco come l’antigene al virus dell’individualismo, vera pandemia umana e spirituale dei nostri giorni.
Il Card. Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione della vita consacrata, indirizzando la consueta lettera annuale ai consacrati alla vigilia della giornata del 2 febbraio, ha ripreso il tema della sinodalità soffermandosi su un suo addentellato molto concreto, quello della partecipazione.
La prima declinazione di partecipazione, scrive il Prefetto, è l’appartenenza. Non posso «partecipare» se non mi riconosco come parte di un progetto condiviso. Una appartenenza non può essere preclusa dalla diversità nel senso più ampio della parola, anche se a volte è sofferta, perché, come disse papa Francesco (giugno 2013) «L’unità è sempre superiore ai conflitti». La vocazione, come chiamata di Dio, è a sostituire alla forza dell’io l’attrattiva del noi.
La seconda declinazione è l’ascolto. Chi sono i fratelli e le sorelle che ascoltiamo nelle nostre comunità? Perché li ascoltiamo? Una domanda a cui non si può sfuggire se vogliamo essere comunità di vita, cioè avere la possibilità di essere ascoltati e la capacità di ascoltare. Non ci nascondiamo la fatica e le ferite che comporta questo cammino, ma sappiamo che la circolarità del Bene e dei beni è alla base del Corpo che è la Chiesa.
La terza declinazione è la responsabilità. L’appartenenza e l’ascolto comportano di per sé la responsabilità. Non si può appartenere e al tempo stesso essere latitanti, ascoltare come se non le parole non ci avessero raggiunto… La sinodalità nasce dentro di noi, da un cambio di mentalità dentro la comunità, dentro le nostre strutture per poi espandersi nei servizi svolti. La responsabilità ha le radici nella nostra risposta alla chiamata di Dio, è stare dentro i processi che riguardano la vita della comunità e di ogni persona. La responsabilità è consapevolezza che si tratta di «cose nostre».
La quarta declinazione è la corresponsabilità. Non nel senso di farsi carico e di condividere aspetti dell’organizzazione e del funzionamento della Chiesa e della comunità, ma nel significato di comunione: arrivare a tutti, sentirsi fratelli e sorelle di tutti, insieme nella vita e nella storia, che è storia di salvezza.
È la natura della Chiesa e della vita consacrata: avere a cuore tutti e aver cura di tutti.