Luoghi di vita e di santità di Vincenzo Grossi
Ricordando l’anniversario della canonizzazione di san Vincenzo Grossi avvenuta il 18 ottobre 2015, ci soffermiamo su una riflessione che evidenzia il legame tra luoghi e santità.
«I luoghi sono strumento della santità nel senso che mettono alla prova l’eccezionalità spirituale e sono a loro volta oggetto della santità, riplasmati e trasformati dalla presenza in vita e in morte del santo» (Sofia Boesch Gajano – L’Italia e le sue Regioni – 2015).
San Giovanni Rotondo è un esempio per tutti, per concordare sulla affermazione appena riportata. È stato il luogo dove padre Pio ha vissuto la sua vita intessendo nella sua cella e nelle relazioni con i penitenti la sua santità. E tuttora l’afflusso di numerosissimi pellegrini, trasforma questo borgo del Gargano in un centro di spiritualità.
Vincenzo Grossi ha vissuto i suoi 72 anni di vita in pochi luoghi, se li consideriamo come luoghi di vita e non di passaggio.
Pizzighettone. Qui è nato ed è rimasto fino al suo ingresso in seminario all’età di 19 anni. Ha poi trascorso qualche anno in piccole parrocchie dei dintorni dove ha svolto, appena ordinato, brevi servizi di supplenza. Regona dove è stato parroco 10 anni; quindi Vicobellignano dove ha trascorso il periodo più lungo della sua vita e del suo ministero – 34 anni – e dove ha concluso il suo cammino terreno.
In che modo Pizzighettone, Regona, Vicobellignano sono stati strumento della sua santità, hanno costruito l’eccezionalità spirituale di questo prete di campagna, e riverberano ancora oggi la sua santità?
- Pizzighettone
- casa e scuola di santità domestica, dove la famiglia insieme ai parroci ha messo le fondamenta di una fede non separata dalla vita e dalle attività quotidiane. Pizzighettone, un borgo aperto, anche se dotato di una robusta cinta di mura, “lungo la via” come sembra essere il significato primordiale del suo nome, ponte tra due territori, quello cremonese e quello lodigiano per la presenza del fiume Adda. Familiarità e apertura si ritroveranno nel ministero di don Vincenzo Grossi, come esercizio di una pastoralità che, anche se non eccezionale, sarà particolare.
Regona: la sposa del giovane parroco, la comunità a cui ha dedicato le migliori energie e dove l’anticlericalismo di alcuni ha messo in pericolo la sua vita. È stato un tempo di amore corrisposto: ogni iniziativa andava a buon fine, la fede dei fedeli si è accesa e la pratica è divenuta assidua. Culla di progetti e di incontri speciali.
Vicobellignano: la parrocchia della maturità e della fedeltà, del martirio interiore, delle lunghe ore trascorse in solitudine nella chiesa, di qualche incomprensione con il vescovo ed alcuni confratelli…, della amicizia fraterna e sincera con altri e prime prove di ecumenismo pratico con i pastori protestanti.
San Vincenzo Grossi, padre nella fede e nello spirito di queste comunità, continua in modo invisibile ad alimentarne la vita e le opere, e non per la memoria della sua santità che il tempo potrebbe aver attenuato, ma attraverso il potere insito nelle sue reliquie ivi costudite e venerate, secondo quanto afferma un testo agiografico del 5° secolo: «Ogni chiesa e ogni monastero venera il proprio santo fondatore, ‘presente’ nelle sue reliquie a fondamento della comunità in senso materiale e simbolico».
Non è a caso che le reliquie dei santi vengono inserite nella mensa dell’altare, simbolo per eccellenza della comunità che vi si riunisce e cresce intorno.