Maria Caccialanza ossia: le radici evangeliche
«Non portate né bisaccia, né denaro, né due tuniche…», che ai nostri tempi potrebbero corrispondere a competenze, attrezzature, mezzi economici…«Entrate in una casa e rimanetevi…», come a dire: «Mescolatevi con le persone, condividete la loro vita quotidiana, e dentro quella realtà abbiate a cuore i bisognosi» e in questo modo annunciate il regno di Dio.
Alle origini del nostro Istituto, quando il nuovo progetto avviato da don Vincenzo Grossi e condiviso da alcune discepole, non aveva alcun aspetto istituzionale, e il bisogno dei tempi si mescolava con l’intraprendenza di alcune di esse, emerge la figura di Maria Caccialanza. Non per merito, né per competenze, nemmeno per grandi abilità di guida. Il Fondatore la sceglie come Superiora dei primi nuclei per la semplicità e la solidità della sua vita umana e spirituale. La vuole vicino a sé e la trasferisce da Pizzighettone, nel cui territorio si erano aperte le prime comunità, a Ponteterra, piccola frazione rurale a pochi chilometri da Vicobellignano, dove lui era parroco.
A Ponteterra, Maria svolge l’attività di «tessitrice» come è riportato nei suoi documenti personali, per poter provvedere al proprio sostentamento.
La popolazione nota subito questa presenza, discreta, laboriosa, modesta e devota secondo le forme del tempo – siamo nell’ultima decade del 1800 – e la percepisce come un riferimento. Le mamme le affidano le proprie figlie perché imparino a tessere, loro stesse si intrattengono con lei per condividere le fatiche della vita coniugale e familiare, gli uomini la sentono come una sorella maggiore che non si ferma davanti alla loro ruvidezza o grossolanità, i sacerdoti sanno di essere oggetto delle sue cure spirituali.
Di Maria Caccialanza sappiamo poco, cinque anni o poco più ha fatto parte dell’istituto. È una pietra miliare nella nostra storia e lo è ancora oggi: senza mezzi speciali ha vissuto in pieno la missione.
Paradigma anche per i nostri giorni?