Siamo giunti al capolinea? (Vita Consecrata 1)
Celebriamo quest’anno il 25° anniversario della pubblicazione dell’esortazione apostolica post sinodale Vita Consecrata, il testo di Giovanni Paolo II nato dalla riflessione della IX Assemblea del Sinodo dei vescovi celebrata nell’ottobre 1994. A 25 anni dalla sua pubblicazione Vita Consecrata resta ancora la Magna Charta della vita consacrata per il nuovo millennio. Anche noi, attraverso il blog, vogliamo dedicare alcune riflessioni per sottolinearne acquisizioni, difficoltà e cammini aperti ed eventuali remore.
Ma di cosa parliamo quando ci riferiamo alla vita consacrata? Qual è il fondamento di questa realtà presente nella chiesa? Dove trova alimento e sostegno la scelta delle persone che vivono i consigli evangelici?
Il documento in questione vede nella Trinità il riferimento e la sorgente di questo particolare stato di vita: «I consigli evangelici sono prima di tutto un dono della Trinità Santissima […] La vita consacrata diviene una delle tracce concrete che la Trinità lascia nella storia» (VC 20).
Questo mistero è modello e sorgente di ogni forma di vita cristiana, in quanto insito nel battesimo. L’inizio e il fondamento della vita consacrata è proprio la scoperta del battesimo, lo scoprirsi abitati da una vita di qualità nuova, che va oltre l’individualità. Come dice il teologo greco Zizioulas, «il battesimo ci fa passare da individui, quali eravamo, a persone, perché partecipiamo della vita delle persone divine». Solo questo ci offre l’opportunità di esistere «l’uno per l’altro» e non soltanto «uno presso l’altro». La vita comunionale non è un ideale da realizzare, ma un modo di esistenza che appartiene al Dio trinitario ed è Lui che ce la dona, affidandola – questo sì – alla nostra cura.
Le motivazioni profonde che danno senso a una scelta di vita consacrata non possono che ricercarsi dunque nella fede in Cristo, il Figlio che vive la comunione con il Padre per mezzo dello Spirito Santo. Questo è il punto centrale, il «problema» vero: la fede. Già alcuni decenni fa il teologo Tillard poneva questa domanda essenziale: ci si fa religiosi per dedicarsi ai poveri o alla pastorale, o ci si dedica a tutto questo perché qualcosa di molto più profondo ci ha presi e a questo ci spinge?
È da tempo che la VC sta vivendo un certo ridimensionamento dovuto al calo delle vocazioni, all’invecchiamento, al grande impianto delle opere che non sembra più essere profetico; e dall’anno scorso anche la pandemia sembra un ulteriore bastone fra le ruote alla sua marcia gloriosa. Dunque, è finito tutto? Dobbiamo rassegnarci a morire? È giunta la fine della vita consacrata, e in essa di quella religiosa?
Al Sinodo del 1994 è stato più volte affermato che «la vita consacrata non ha svolto soltanto nel passato un ruolo di aiuto e di sostegno per la Chiesa, ma è dono prezioso e necessario anche per il presente e per il futuro del Popolo di Dio. Le attuali difficoltà non devono indurre a sollevare dubbi sul fatto che la professione dei consigli evangelici sia parte integrante della vita della Chiesa. Si potrà avere storicamente una ulteriore varietà di forme, ma non muterà la sostanza di una scelta che si esprime nel radicalismo del dono di sé per amore del Signore Gesù e, in Lui, di ogni componente della famiglia umana» (VC 3).
Se è vero che molte delle cose della nostra storia sono giunte al termine e che ora stiamo vivendo un’esperienza di povertà che fino a qualche decennio fa non avremmo nemmeno messo in conto, è altrettanto vero che tutto questo può essere vissuto non come sventura ma come occasione per ritornare alle radici, per una profonda riqualificazione spirituale dei nostri istituti, per tornare decisamente alla nostra vera identità: Cristo Gesù e il Vangelo come unica ragione di vita.
Il quarto di secolo trascorso dalla pubblicazione di Vita Consecrata possa essere di stimolo e di incoraggiamento per prendere atto di ciò che nel nostro cammino ha bisogno di purificazione e di rinnovamento, con l’attenzione a non cedere alla superficialità nell’abbandonare cose che in realtà hanno alle spalle la sapienza di secoli.