L’insignificante ordinarietà
L’epoca della pandemia che stiamo attraversando è certamente un tempo particolare, in cui tutto è cambiato. In questi mesi di chiusure e lockdown, abbiamo dovuto e tuttora dobbiamo far fronte a difficoltà inedite e a situazioni che mai avremmo messo in conto. Abituati a ritmi frettolosi, ad agende piene e alla produzione senza sosta, abbiamo dovuto imparare a fare i conti con una quotidianità lenta e ripetitiva, con giornate svuotate di impegni. Così ci è sembrato che la nostra vita si svuotasse di senso.
Il Covid ci ha consegnato a una condizione di «domesticità», in cui la casa, le nostre stanze, gli oggetti, sono diventati i nostri primi (e per qualcuno unici) compagni di cammino, assieme alle persone con cui viviamo. Senza rendercene conto, abbiamo tra le mani la preziosa possibilità di trasformare questo tempo di limitazioni forzate a occasione per dare cura e piena presenza ai nostri piccoli e ordinari gesti del quotidiano. La persona di San Giuseppe ci viene in aiuto, perché è «tanto vicina alla condizione umana di ciascuno di noi. In mezzo alla crisi che ci sta colpendo, possiamo sperimentare che le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia. Questa figura ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in “seconda linea” hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza» (Patris Corde).
Non è difficile pensare Giuseppe alle prese con le incombenze tipiche di ogni padre, che non hanno nulla di eccezionale e che non attirano le luci dei riflettori o i like sullo schermo. Ad esempio, «il Vangelo non dà informazioni riguardo al tempo in cui Maria e Giuseppe e il Bambino rimasero in Egitto. Certamente però avranno dovuto mangiare, trovare una casa, un lavoro. Non ci vuole molta immaginazione per colmare il silenzio del Vangelo a questo proposito. La santa Famiglia dovette affrontare problemi concreti come tutte le altre famiglie» (Patris Corde). ed è proprio lì che si gioca la fedeltà di Giuseppe e anche la nostra. La santità ha le sue radici nella normalità dell’esistenza, aliena da ogni eccezionalità. «Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti» (Patris Corde).
Il santo non è un fenomeno vivente, un individuo stravagante al di fuori della realtà e al di sopra dei problemi che travagliano i comuni mortali, sempre immerso in una contemplazione in cui non c’è posto per la vita, gli uomini, le ingiustizie della società. «Torna ancora una volta il realismo cristiano, che non butta via nulla di ciò che esiste. La realtà, nella sua misteriosa irriducibilità e complessità, è portatrice di un senso dell’esistenza con le sue luci e le sue ombre» (Patris Corde). A volte ci sembra sia banale nell’economia della salvezza preparare un pasto, rifare un letto, meravigliarsi di un fiore, cambiare una ruota della macchina, fare una telefonata. Dimentichiamo però che non esistono realtà banali, esiste la nostra banalità; così come non esistono realtà eccezionali: esiste la nostra eccezionalità di amore.
«Medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri hanno compreso che nessuno si salva da solo» (Patris Corde). Sono forse insignificanti il lavoro di un falegname o la premura di un papà? Se “insignificante” vuol dire solo comune, usuale, normale, senza eccezioni, senza avvenimenti insoliti, allora sì, lo sono. Ma se insignificante volesse dire privo di peso e di valore, non possiamo acconsentire in alcun modo. Come potrebbero essere privi di peso i giorni, le notti, il sudore, le stagioni, le case, le mense? Come potrebbe essere insignificante la vita?!