Sabato santo dopo un anno di pandemia
Ai fedelissimi di Gesù, tornati al tramonto nelle loro case, fredde e vuote, come le case dove c’è appena stato un lutto, è rimasto, insieme al ricordo di una passione e morte ingiuste, solo una tomba da visitare appena possibile. Il profumo degli aromi che le donne preparano per completare il rito della sepoltura riempie di nuovo la casa, ma oggi non confortano il cuore nel presagio di pericolo imminente, oggi sanno di morte, di sepolcro.
Se non fosse per quei pochi e tristi preparativi, il sabato santo sarebbe stato un giorno vuoto, il giorno del lutto, del dolore che sta penetrando così in profondità che nemmeno il pianto riesce a portarlo in superficie.
In questo sabato santo giorno in cui domina la contemplazione del sepolcro di Gesù, riaccendiamo la memoria dei due milioni e più di vittime decedute nel corso di un anno di pandemia.
Dietro ai numeri dei cosiddetti “decessi”, paragonabili solo agli esiti di stermini e genocidi, ci sono più concretamente dei vuoti che si sono fatti nelle relazioni, c’è il dolore che ha invaso gli animi e a volte acceso le amarezze e perfino il dramma. Tombe non tombe, piccole urne, corpi non più corpi, ma poche manciate di polvere. E nelle case sempre più numerose le assenze che la speranza e l’affetto non sono riusciti ad evitare che fossero definitive.
In questo sabato santo nel silenzio a cui la liturgia invita, raccogliamo tutte queste morti e uniamole a quella di Gesù, ingiuste, inspiegabili, immeritate…come la Sua.
Nella preghiera ravviviamo il ricordo delle vittime, un ricordo non generico, ma che vuole essere per ciascuna di esse come un vasetto di aromi e di oli perché la crudezza e la solitudine della loro morte sia accompagnata dalla comunione dei santi che professiamo per fede e perché tale comunione possa illuminare di speranza il dolore di chi li piange.