Giuseppe, padre nell’obbedienza
Giuseppe sognava come succede a tutti i giovani prossimi al matrimonio: la vita futura con Maria, l’arrivo dei figli e una famiglia nella memoria di quella dei suoi padri, onesta, laboriosa e benedetta da Dio.
Sogni leciti, ma la prova lo ha costretto a dover imparare presto a convivere con sogni di tutt’altra natura. Dopo giornate intere trascorse oppresso dal dubbio, andava a letto con la fiducia che «la notte gli avrebbe portato consiglio» e al mattino così succedeva. Giuseppe non si chiedeva da dove gli veniva tanta lucidità, però aveva intuito che la chiave dei suoi dubbi era l’obbedienza. In sogno gli era stato detto di sposare Maria e di dare il nome al bambino che lei aspettava e lo fece, di andare in Egitto e partì, di ritornare in Giudea e ritornò, di non fermarsi in quella regione ma in Galilea e si diresse al Nord del paese.
Giuseppe è il capofamiglia, ma chi decide è Dio. Egli non sembra, per questo, umiliato o privato della sua autorità, anzi sa che proprio in questa obbedienza compie ed esprime la sua paternità.
«Shemà Israel…» ripeteva e insegnava al piccolo Gesù, mattino e sera. E il bambino, crescendo, apprendeva non solo dalle parole di questo padre ma anche dalla sua vita in che modo si obbedisce, e soprattutto come si muove chi obbedisce a Dio.
Un’obbedienza quella di Giuseppe che si è dipanata in viaggi, numerosi e lunghi, disseminati di incognite e di pericoli, immagini di un pellegrinaggio nella fede verso un Mistero racchiuso nel nome del bambino, un nome che non aveva potuto scegliere, perché l’ordine era preciso: lo chiamerai Gesù, egli salverà il suo popolo!
La sera vicino al fuoco, quando Gesù gli chiedeva qualche racconto, Giuseppe, ricordando insieme a Maria, avrà ripercorso le vicende dei primi anni di vita del figlio, i sogni, i viaggi, e quella ostinata decisione a compiere sempre e comunque le richieste che gli venivano suggerite, perché anche se nessuno glielo aveva detto, lui era certo che era Dio che gli parlava attraverso i sogni. Qualche volta ha obbedito anche alla cieca, sulla fiducia nella parola ascoltata.
San Giuseppe anche a noi, suoi figli spirituali, comunica che non sono necessarie teofanie per capire ciò che Dio vuole; ad un cuore semplice e puro bastano un sogno e la fede.