8 marzo: Festa delle donne!

Festa delle donne! Un giorno in cui ufficialmente l’attenzione generale viene posta sull’altra metà del cielo, anche se è più realistico dire: sull’altra metà della terra. Ogni tempo ha avuto le sue donne grandi e sconosciute, pubbliche e ritirate che con il loro «genio» hanno determinato il cammino della storia globale e quotidiana. Questa  scadenza annuale ci offre l’opportunità di rendere omaggio ad alcune donne–suore che, nella considerazione comune di un tempo, sia ad intra che ad extra, erano ritenute le «ultime», le retroguardie a motivo del servizio che svolgevano: «le suore della cucina». Vuoi per la scarsità di studi, o per il tratto semplice, o per la loro innata docilità e adattabilità, si sono ritrovate a svolgere un compito che nessuno avrebbe considerato come una buona motivazione per scegliere la vita religiosa, e nemmeno loro! Nessuna, infatti, si fa suora per dedicarsi alla cucina! Se poi viene chiesto di farlo, lo si fa nel contesto dell’obbedienza e del servizio reciproco.

Fresche di professione religiosa, parecchie si sono trovate subito tra pentole, fornelli e sacchi di patate da pelare, prima come apprendiste e poi, al bisogno, direttamente responsabili. Parlo soprattutto di quelle suore che hanno avuto il carico di cucine grandi, oggi si definirebbero «mense aziendali», con menù ed orari diversificati, colazione, pranzo, cena, nei giorni feriali e festivi… Penso alle suore che sono passate nella cucina di Casa Madre, del Collegio Vescovile di Lodi, di Cesenatico, di Codogno, di Maleo-casa di riposo, di Roma-Acquedotto, di Pavullo, di Viadana, di Genova-Santa Chiara, di Milano-Protezione, di Villa Immacolata a Ronchiano…, dove il numero degli utenti era considerevole e spesso diversificato, per età e per esigenze. Non mi è possibile fare i loro nomi perché quelli che ricordo sono riferiti solo a un periodo, ma quante suore, in cucina, hanno fatto la storia di queste ed altre Case dell’Istituto! Un servizio nascosto, come gli ambienti dove svolgevano il loro lavoro, molto spesso nei sotterranei o nei seminterrati. E quando erano chiamate per un trasferimento, di solito era per una cucina più impegnativa e forse più pesante.

Donne-suore che hanno gestito le cucine come manager, coordinando il lavoro di chi le aiutava, facendo molta economia, e mettendo in atto tanta creatività per evitare sprechi, passando dalla minestra quotidiana, ai pranzi di rappresentanza…

Storiche figure di superiore ed educatrici hanno visto riconosciute le loro competenze e la loro dedizione con elogi pubblici e  targhe al merito. Riconoscimenti che per equità vanno ripartiti con le suore di cucina. È ora e tempo di rendere omaggio alla verità della storia!

Facciamo riemergere da dietro l’espressione «suora della cucina», quante, senza contare ore di lavoro, rinunce di qualsiasi genere, subissate di richieste, sono state la chiave di volta di grandi impianti apostolici. Hanno speso la loro vita perché molti avessero la vita. E soprattutto lo hanno fatto contente di poter servire, per la pura «gloria di Dio».

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  1. E chi di noi, Figlie dell’Oratorio, non ha beneficiato del loro servizio? Donne del quotidiano, che si nutrivano quotidianamente della Parola per poi ridistribuirla sotto ogni forma. Grazie!