Prove di ecumenismo in don Vincenzo Grossi
Ai tempi del ministero di don Vincenzo l’ecumenismo muoveva i primi passi al di là delle Alpi. Ci volle l’intervento del papa Leone XIII perché si diffondesse nella Chiesa universale giù giù fino alle ultime parrocchie sepolte nella bassa padana. Erano presenti da tempo, in diocesi di Cremona alcune comunità di protestanti, una presenza però che non era considerata tra i primi e più pressanti problemi e sarebbe continuato così se a Vicobellignano lo scontro tra il parroco e un gruppo di parrocchiani non fosse degenerato in una spaccatura pericolosa. Sull’onda del movimento che voleva l’«elezione popolare dei parroci», i «dissidenti» invitarono in paese un pastore metodista che organizzò una vera e propria comunità in contrapposizione con quella cattolica. In questa appendice di diocesi, quale era Vicobellignano, il Vescovo vedeva necessario ed urgente avviare un processo di unificazione prima che l’iniziativa dissidente dilagasse. Ci sarebbe riuscito don Vincenzo? Qualcuno testimoniò che alla sua morte i protestanti era poche unità, ma una ricerca storica contraddice questa enfatizzazione della sua attività. Don Vincenzo, pur non conoscendo i movimenti ecumenici, si mosse nella medesima linea pastorale. Accoglieva negli spazi della parrocchia, senza alcuna preclusione, i bambini delle famiglie protestanti. Nelle sue omelie o nelle conferenze che teneva ai fedeli, guidato da un fine intuito psicologico, separò sempre l’errore da chi lo compiva, non usò mai l’espressione protestanti. Se era preoccupato che non venisserto alzati muri, allo stesso tempo non dimenticava che doveva in ogni modo evitare che l’eresia si diffondesse tra i suoi fedeli. Così alla predicazione che era tanto chiara che anche un fanciullo poteva intendere, aggiunse la testimonianza del rispetto, della benevolenza, della soavità. Con i pastori intratteneva rapporti di cordialità e di stima. Parroco e pastori si dedicavano al proprio ministero non a partire dalla rivalità, ma dalla medesima fede in Gesù e dalla cura dei fedeli. Più volte seduto sulle panche della chiesa c’era il pastore che veniva ad ascoltare le conferenze del parroco. Un giorno dopo essersi intrattenuto a colloquio con lui, don Vincenzo si lasciò andare ad un elogio sul suo conto che aveva il sapore del rammarico: «Peccato che non sia dei nostri». Alle disquisizioni preferì sempre le relazioni per arrivare al cuore delle persone consapevole che non basta fare il bene, ma che occorre farlo bene.