L’augurio di buon anno di don Vincenzo
Il primo giorno dell’anno un gruppo di uomini della parrocchia vennero da don Vincenzo per fare gli auguri, considerata l’usanza che non era di buon auspicio che li facessero le donne, neppure andando a messa.
Dalle parole di circostanza, il giovane parroco portò la conversazione oltre e capì che per alcuni l’annata appena finita era andata male: chi aveva avuto un lutto in famiglia, chi raccolti scarsi, chi qualche affare andato storto.
Dopo aver lasciato libero sfogo al loro legittimo lamento, si introdusse nella conversazione per aiutarli a fare un passo avanti.
«Dobbiamo addolorarci di più se l’anno 1874 per noi è passato vuoto di opere buone. E potrebbe essere successo per due motivi. Si fanno le cose senza la debita soprannaturale intenzione, Alla mattina molti si alzano dal letto senza nemmeno dire: “Signore, tutto ciò che farò oggi ve l’offro a voi”. Faticate come le bestie e non acquistate niente per la vostra anima. Altri attendono con attività instancabile ai loro affari, ma per il solo fine dell’interesse, non per compiere la volontà di Dio. Si soffre e molto; eppure niente per il cielo. Duplice male. Si patisce e si patisce per niente».
Gli uomini ascoltavano con attenzione e qualcuno annuiva con la testa.
Don Vincenzo non poteva sapere fin quando sarebbero rimaste nei loro cuori le sue parole, ma in quel momento aveva colto in loro un sincero desiderio di non perdere il riferimento a Dio.
Un desiderio che lui, il loro pastore, avrebbe portato ogni giorno sull’altare e presentato al Signore perché solo il suo Spirito avrebbe potuto portare a compimento, giorno dopo giorno, quello che aveva suscitato in essi il primo giorno dell’anno.