Ricordando e ringraziando Mons. José Mario Ruiz Navas
Mentre ci uniamo spiritualmente alla chiesa di Portoviejo Ecuador, per ricordare con la preghiera di suffragio l’arcivescovo emerito Mons. José Mario Ruiz Navas, deceduto il giorno 9 dicembre scorso, desideriamo anche fare memoria della esperienza missionaria fatta dal nostro Istituto nella sua diocesi in seguito ad una sua petizione esplicita; un tempo che ha richiesto un impegno serio da parte delle suore e non privo di fatiche, ma che ha lasciato un bel segno di Chiesa nel loro ricordo. Ci aiuta a coglierlo la riflessione di suor Giuseppina Sgariboldi che ha fatto parte delle prime figlie dell’Oratorio approdate in Ecuador.
Ho avuto l’opportunità di conoscere Mons. Ruiz durante la mia permanenza in Ecuador, precisamente a Pajàn, appartenente all’Arcidiocesi di Portoviejo di cui era Arcivescovo appunto Mons. Ruiz. Arrivavo in Ecuador con un’esperienza pastorale limitata, e molto diversa da quella con la quale avrei dovuto interagire. «Il buongiorno si vede dal mattino», recita un proverbio, ed è proprio andata così la mia permanenza in Ecuador . Dal mio arrivo in terra ecuatoriana, già all’aeroporto, ho toccato con mano la calda accoglienza che avrebbe sempre caratterizzato gli incontri delle suore con i Vescovi e tutto l’ambiente dell’Arcidiocesi, nei momenti belli e anche in quelli più difficili. Una diocesi sempre presente e che voleva tutti presenti, interattivi.
Mons. Ruiz aveva un po’ il tratto dell’imprenditore nel senso che, arrivato nel 1989 come Vescovo di Portoviejo, e trovando una Diocesi fortemente disgregata, non solo dal punto geografico, si è subito dato da fare, con lungimiranza, nel reperire missionari (sacerdoti, laici, religiosi) dai Paesi del Vecchio Mondo. Noi Figlie dell’Oratorio eravamo tra questi. Questi missionari che lui chiamava indistintamente «gringos» oltre alla disponibilità pastorale, fornivano anche una garanzia economica nella realizzazione di progetti a favore della popolazione. Significativo fu il suo impegno nel campo della formazione degli operatori pastorali. Due volte all’anno Vescovi, sacerdoti, laici, religiosi, ci si riuniva per la settimana di formazione e verifica del piano pastorale diocesano a Crucita. Erano giorni di lavoro nei quali la sinodalità era già di casa. Guai a mancare! Si informava personalmente del motivo dell’assenza.
Negli anni in cui sono rimasta a Pajàn ho potuto constatare come la sua intraprendenza, nel cercare appunto missionari per la sua diocesi, abbia consentito a tantissima gente (che rivedo, come in una sequenza di fotogrammi, con tanta emozione) di ritrovare non tanto la Fede, perché quella non l’avevano persa, quanto la propria dignità di persona soggetto di diritti. Gente lontana e isolata geograficamente, ma soprattutto socialmente perché appartenente alla base della piramide della società.. Ricordo la sua insistenza nell’esigere che si operasse secondo il piano pastorale diocesano e non secondo linee personali, buone in se stesse, ma che non favorivano l’adesione delle parrocchie al cammino comune, e quindi il sentirsi parte di una comunità.
Ricordando e ringraziando Mons. Ruiz sento il dovere di ringraziare anche i Vescovi Ausiliari di quel periodo: Mons. Francisco Vera Intriago con il quale ora condivide il riposo eterno, e Mons. Lorenzo Voltolini che sicuramente, dal monastero dove ora si trova, non farà mancare la preghiera.