Chiudiamo i conti con un anno difficile
Si conclude, oggi, un anno difficile, un anno che ci auguriamo resti unico, ed è tempo di bilanci.
Non abbiamo ancora tutti gli elementi per poter tirare le somme, ma un messaggio è chiaro: occorre trovare altre vie, in ogni ambito, rispetto a quelle che abbiamo percorso fin qui.
Nel vocabolario in uso in questi mesi trascorsi sono entrate numerose parole inedite, ed è apparso anche un verbo propriamente cristiano: «sperare».
La speranza non che tutto torni come prima – impossibile! – ma quella che era nei passi, negli occhi, nel cuore, nelle lacrime di quanti, in quel lontano mattino del primo giorno della settimana, si sono trovati davanti ad una tomba vuota.
Una speranza accesa da mille domande, in attesa di una risposta NUOVA.
Se il vaccino anti-covid può essere considerato una «risposta» efficace al virus, anche le circostanze o le disposizioni nelle quali ci siamo trovati a vivere stanno facendo germogliare «risposte» nuove ai nostri perché. Il distanziamento imposto è diventato cura e responsabilità verso gli altri; l’uso della mascherina che nasconde il viso, è l’opportunità per guardare le persone negli occhi, specchio dell’anima; l’insicurezza diffusa a causa di un virus invisibile, ci dà la consapevolezza che siamo un’unica umanità, nonostante per secoli ci siamo divisi in bianchi e negri, ricchi e poveri, cristiani e musulmani, legali e illegali…
Chiuderemo i conti con il 2020?
Consideriamolo non solo come dramma, ma come una opportunità a superare la presunzione di voler dare una risposta a tutto, e a lasciare che ci guidino e ci educhino le domande. Era lo stile di Gesù che, a quanti gli rivolgevano domande, rispondeva con altre domande che impegnavano l’interlocutore nella ricerca di ciò che era a favore del Regno.