La sfida alla chiesa della vita consacrata (Il mondo rovesciato 3)
Si è sempre parlato e scritto della fuga mundi, nel senso prima spaziale poi valoriale. Papa Francesco denunciando, fin dall’inizio del suo pontificato, la mondanità spirituale non intende solo mettere in guardia dalle logiche del mondo, ma soprattutto da un certo mondo religioso, quello dove la fede diventa pratica religiosa, ostentata e forse fuorviante perché sotto il mantello della devozione nasconde la ricerca del benessere psico-fisico.
La sfida alla chiesa non si colora, ovviamente, di un atteggiamento anti-romano, ma è profezia.
I primi padri anacoreti non si estraniavano dalla comunità ecclesiale in sé, ma da un sistema che piano piano trasformava la marginalità e la gratuità del Corpo mistico in religione sociale, dove ciò che contava erano il potere e l’apparire.
Oggi nelle comunità cristiane e forse anche religiose si assiste ad un occultamento (non dottrinale ma pratico) della fede battesimale a favore di una spiritualità che sembra più preoccupata della guarigione delle ferite che della salvezza, di una pastorale con una agenda fitta di eventi dove è assente o trascurato la cura della crescita personale della fede dei singoli.
La Vita Consacrata può offrire alla chiesa la sua profezia. Ma come sarà vista?
La perdita di ruoli, la spoliazione comunitaria e personale, l’accettazione di non contare nulla come Gesù, che scelse l’ultimo posto, potrebbe essere una voce che grida forte anche nelle comunità cristiane, dove siamo ancora tentati di cercare una modalità di sopravvivenza.
Non si tratta di teorizzare la «minorità» in cui la Vita Consacrata si trova, di darle un po’ di maquillage perché sia accettabile. L’assenza della considerazione dei religiosi nei documenti ufficiali della Chiesa, più volte ripresa e sottolineata dai diretti interessati, non è solo una distrazione redazionale.
Perché non leggerla come un invito dello Spirito a scoprire la nostra vocazione e missione nella Chiesa oggi.
La partita da giocare e per la quale vale la pena rimettersi in gioco è credere che la fede in Gesù e la gloria di Dio sono di gran lunga più importanti del buon nome e della fama anche nella comunità ecclesiale.