Credere a cinque cose impossibili della Vita Consacrata (Il mondo rovesciato 4)
Don Forlai, che non è solo presbitero diocesano ma appartiene alla grande famiglia paolina (istituto Gesù Sacerdote), sa che la realtà è molto faticosa da comprendere, da assumere e si tira fuori dalla presunzione ma anche dall’obbligo di dover risolvere per forza oggi il problema della Vita Consacrata. Offre però un suggerimento semplice quanto saggio: la realtà, la nostra vita è meglio viverla che aggiustarla.
E continua a credere ad alcune cose… «impossibili».
- Crede che la Vita Consacrata può essere un ingranaggio importante del rinnovamento della Chiesa. Anche se non vede il futuro prossimo radioso, crede che il «nuovo» viene dalla Parola e contagia coloro che la scelgono come unica gioia della loro vita.
- L’enfasi data al proprio Fondatore e carisma ha creato delle isole di carità e di spiritualità. Crede nella nascita di comunità dove lo spirito di sopravvivenza di ciascun Istituto cede il posto alla sorpresa che la ricchezza condivisa può travolgere ogni aspettativa e rivelarsi la migliore soluzione.
- Crede che la Vita Consacrata è ancora il modo migliore per non fare dell’esistenza cristiana una questione teologica. L’obbedienza infatti libera dai falsi idoli, la povertà dall’ansia di prestazioni, la castità dall’angoscia di dover piacere per forza a tutti.
- Crede che la vita consacrata può ancora dire alla comunità cristiana che Gesù è l’unica ricchezza, e che il Regno di Dio non è un cedro ma un arbusto di senape che cresce nel giardino di casa.
- È un po’ anacronistico, ma don Forlai vuole credere che si può essere consacrati semplicemente per andare in paradiso e andarci insieme a tanta altra gente.
E conclude la sua relazione invitando ad accantonare lo spirito di sopravvivenza, i complimenti di circostanza, l’orfanezza di chi si sente minacciato. Nella vita consacrata di oggi vede – e con lui anche noi vediamo! – presenti i segni di un futuro, più di quanto si possa immaginare.