Formazione, vita spirituale e discernimento
Nell’articolo precedente si è fatto riferimento a un’affermazione del documento che troviamo al n. 12 e che vogliamo riprendere, perché probabilmente ci dà un segnale importante per un ripensamento nell’ambito formativo: «In questi anni abbiamo apportato dei cambiamenti, anche positivi e nella direzione giusta. Lo si è fatto però in modo discontinuo e senza che giungessero a modificare le strutture essenziali e portanti della formazione. Sembra che nonostante tutti gli sforzi e l’impegno profusi, non si arrivi a toccare il cuore delle persone e a trasformarlo realmente. Si ha l’impressione che la formazione sia più informativa che performativa».
Su cosa puntare per arrivare a modificare quelle strutture che permettano alla formazione di incidere davvero sulle vite dei consacrati, per far sì che le radici della nostra consacrazione affondino in un terreno fecondo? Senza dubbio va recuperata la vera essenza della formazione continua, da non pensarsi come un semplice dovere d’aggiornamento quanto piuttosto come la capacità (e al fornire strumenti per averla) di «un continuo atteggiamento di ascolto e di condivisione di appelli, problematiche, orizzonti, per lasciarsi toccare, educare, provocare, illuminare dalla vita e dalla storia, da ciò che annuncia e che celebra, dai poveri e dagli esclusi, dai vicini e dai lontani» (n. 35).
Uno dei mezzi di accompagnamento per sostenere «il cammino di ogni consacrato verso la progressiva conformazione ai sentimenti del Figlio» (n. 35) è il discernimento spirituale, cioè l’attitudine «a prendere contatto con il passaggio dello Spirito, ascoltare quello che Dio ci sta dicendo all’interno delle nostre situazioni […], per vedere dietro ogni volto, ogni storia, ogni situazione un’opportunità, una possibilità» (n. 50).
Il discernimento spirituale è un’esperienza che ci aiuta a percepire con lo sguardo di Dio stesso tutto quanto stiamo vivendo, per cogliere la sua azione che continua, anche in questo tempo, e sintonizzare i nostri movimenti con essa. E questo per tutta la vita, in ogni suo aspetto e momento, nella convinzione che «la formazione è davvero continua solo quando è ordinaria, e si compie nella realtà di ogni giorno» (n. 35). Forse tutto questo può apparire scontato, soprattutto all’interno della Vita Consacrata, ma come diceva saggiamente p. Guccini in un suo libro, «si riconosce senza difficoltà che sono Cristo e il Vangelo le uniche ragioni della nostra vita ma, forse appunto perché questo risulta evidente, lo si dà per scontato e tutta l’attenzione, il cuore e l’impegno si volgono altrove, ai problemi istituzionali. In tanto nostro darci da fare, diamo per scontato che sia adeguatamente risolto il problema che veramente conta, quello dei contenuti. La macchina magari gira, ma dentro che cosa c’è? Che ne è della sostanza evangelica del nostro modo di vivere? E dove si trova ciò che veramente conta per noi?».
Un detto di Antonio il Grande ci dice che «vi sono persone che hanno logorato il proprio corpo nell’ascesi; non avendo, però, avuto il discernimento, hanno finito per allontanarsi da Dio».
Senza il discernimento, anche le realtà più sante possono essere illusione e inganno, persino la carità. Dunque discernere non sarà in funzione anzitutto della moralità o del cosa fare, ma della sapienza evangelica che sta dentro al nostro agire. Nelle nostre storie personali, di Chiesa e d’Istituto abbiamo fatto tante opere buone, tante cose buone e certamente ne stiamo ancora facendo. Ma il discernimento non è in funzione del fare un’opera buona, ma del far sì che quell’opera buona porti frutto. Il nostro agire che cosa manifesta? La nostra preoccupazione è rivolta al fare cose, all’impegnarci in tante iniziative, o al tendere a che il nostro agire sia ancorato alla manifestazione del mistero di Dio? La questione centrale è proprio riappropriarci di una sapienza evangelica su cui forse, senza accorgercene, abbiamo lasciato cadere un po’ di polvere.
Per questo è necessario recuperare l’arte del discernimento, dare in mano alle persone i mezzi adatti per leggere e rileggere il loro vissuto e quello ecclesiale alla luce del Vangelo e per renderle capaci di interpretare la realtà della vita alla luce dello Spirito, e così scegliere, decidere e agire secondo uno stile davvero evangelico, non solo nella sua forma, ma anche nel suo contenuto.