Pagine di vita, racconti di un’anima (33)
1 maggio 1899
Ho parlato con il confessore di questo mio desiderio di condividere con qualcuno le mie fatiche e lotte, le gioie e i desideri dell’anima, e che non trovo in comunità qualcuna disposto ad ascoltarmi, anche potendolo. Il padre mi ha risposto con una immagine molto eloquente. «Ci sono tempi in cui dobbiamo fissare lo sguardo in cielo come i ghiacciai. E stare lì fermi, senza appoggio e senza conforto, isolati e soli, aspettando che un raggio di luce venga ad illuminare la cima dell’anima». Pur essendo circondata da persone care mi sento e resto sola, anche senza volerlo. Chiudendo il cuore una volta, due volte e così di seguito, succede che per quanti sforzi faccia, poi non riesca più a dire ciò di cui sento il bisogno di parlare. A volte il mio silenzio è frutto di risentimento, ma altre volte è un martirio perché la persona, con la quale un tempo ho condiviso l’anima, ora si mostra indifferente e quasi noncurante della mia necessità di una parola. In alcune circostanze la tristezza che mi assale è davvero immensa. Mi conforta il fatto che in questo modo Gesù mi educa piano piano ad essere tutta per Lui, per la sua gloria e per le anime.