Pagine di vita, racconti di un’anima (11)
Lodi, 2 dicembre 1896
Non posso aprire una lotta aperta con Taddea, per cui la mia tattica è fatta di pazienza, di prudenza, di preghiera, e soprattutto di carità. Lei non me lo dice, ma è verosimile che l’origine del suo malumore e nervosismo sia dovuto al cambio della Sorella Maggiore. Non vorrei lasciare che la diversità di posizione nei riguardi di suor Maria Caccialanza ci porti alla divisione.
Voglio donarle il mio sorriso, la mia calma, anche se il mio cuore soffre intensamente a vederla in questo stato di malessere spirituale e morale. In qualche momento ho il presentimento che voglia unirsi alla Cipelletti nella decisione di lasciare l’Istituto. È troppo grande la vocazione religiosa per arrivare a perderla a motivo di una disposizione dell’autorità che non si riesce a comprendere.
E poi, chi sono io, o chi siamo noi, per giudicare buona o cattiva, indovinata o imprudente una decisione di don Vincenzo? L’obbedienza pronta e cieca, anche senza spiegazioni e giustificazioni, sono un dovere per me. Dove non c’è obbedienza non c’è umiltà e nemmeno l’amor di Dio, mi dice sempre suor Maria. Non riesco a rassegnarmi all’idea di fare tanti sacrifici per poter fare del bene alle anime e poi trovarmi nella impossibilità a essere di aiuto alla mia carissima Taddea, la cui anima amo quanto la mia.