Pagine di vita, racconti di un’anima (1)

Pizzighettone, 13 settembre 1894

Emozioni nuove, sentimenti contrastanti, dubbi come certezze: tutto in una sola giornata! Il mio animo oggi è stato un vero campo di battaglia e in alcuni momenti non sono riuscita a distinguere chi era il nemico e chi l’alleato. Eppure doveva essere il giorno in cui il mio sogno si coronava: essere suora.

Non so dire se ho dormito qualche ora la scorsa notte.  Ho sentito mia mamma tossire spesso e mio papà che si rigirava nel letto. Tendevo l’orecchio per capire se si scambiavano qualche parola, ma non si sono detti nulla. Mia mamma è malata e mio papà, come i miei fratelli mi hanno supplicato di aspettare la sua guarigione prima di partire. Io, però, dopo le parole di don Vincenzo «O adesso o mai più», non ho avuto tentennamenti e, se pure con un grosso magone, ho deciso. Ho compiuto da poco 19 anni.  Adesso che ho lasciato la mia famiglia, non mi sento così sicura di aver fatto la scelta nel momento giusto. Ma forse è il nemico, coerente alla sua tattica, che sta insinuando in me un timore.  

Alla stazione di Casalmaggiore c’era Taddea, che conosco da qualche mese e che è partita insieme a me. Della sua famiglia è rimasta solo lei: forse non soffre né ha dubbi.Però è sola!

Quando mio papà ha visto che c’era qualcunoi ad aspettarmi, mi ha abbracciata e mi ha baciata. Insieme alla sorpresa per quel gesto, mi è rimasto nel cuore un senso di forza e di tenerezza, che per un attimo mi hanno confermata nella mia decisione. Poi, rivolto a Taddea, mi ha raccomandato alle sue cure e ci ha detto: «Fatevi buona compagnia».

Aveva gli occhi umidi per le lacrime. Lui sa che sono partita per farmi suora come la maestra Maria Caccialanza, ma non conosce i luoghi dove vado, le persone che incontro, a che cosa concretamente mi dedicherò. Mi lascia andare, senza nessuna garanzia e rassicurazione. Era andato a Vicobellignano a parlare con don Vincenzo, il quale però non ha aggiunto nulla a quello che io avevo già detto in famiglia.

Sul treno per Pizzighettone, dove ci aspettavano, durante il viaggio non sono riuscita a dire alcuna parola con la mia compagna. Mi sono sorpresa più volte con le lacrime agli occhi pensando ai miei.  Non credevo di soffrire così tanto a lasciarli!  Il pensiero dei miei genitori, il ricordo dei miei fratelli e sorelle che avevano assistito agli eventi degli ultimi tempi in silenzio mi procura angoscia. E più che l’incertezza del futuro o la gioia dell’inizio, mi fa paura l’insicurezza. Sono sempre stata consapevole del grande bene che la mia famiglia mi vuole. Come potrò farne a meno? Mi ha messo le ali ai piedi, mi ha fatto sentire forte, sicura, capace. Ne troverò altrettanto dove sto andando?

So che tornerò ancora a Ponteterra, tra i miei familiari, ma questo viaggio è per me come l’uscita dal nido, l’inizio di una vita nuova. Io so da dove sto partendo, ma non so dove il Signore mi porterà o l’obbedienza mi indicherà. Anch’io non ho alcuna garanzia sul mio futuro. Una cosa però è certa: desidero abbandonarmi alla volontà del Signore.

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