Pagine di vita, racconti di un’anima

Come già detto non è stato trovato un diario personale di madre Ledovina, ma un diario «postumo» scritto da suor Taddea Tarozzi che introduceva la trascrizione di lettere personali di Ledovina fatta «su suggerimento di don Vincenzo» come ella stessa attesta in apertura di queste memorie, di cui riportiamo la prima pagina, proprio a testimonianza della «storicità» e «verità» di quanto sarà riproposto nei prossimi post.

«Carissime sorelle in Cristo,

Consigliata dal Ven. Fondatore don Vincenzo Grossi e da due altri Sacerdoti venerandi come Lui, alcuni anni fa trascrissi le poche lettere che conservai della nostra Rev. Madre generale Ledovina Scaglioni. Ma prima di presentarle a voi credo farvi piacere dire qualcosa che passò tra noi in sei anni di studi a Lodi come compagne di scuola e Sorelle di Religione. 

Mi spiace perché non sono proprio favorita di memoria, d’intelligenza, di capacità ad esporre le cose in modo conciso e chiaro. Ma voi tanto buone compatirete la mia deficienza. E qui dico subito. Il Signore non poteva trovare un soggetto meno adatto da mettere a fianco della nostra Rev. Madre. Ma ormai siamo tutte persuase che Egli si serve di chi vuole e non tiene calcolo né delle qualità naturali, né delle doti morali. Il proverbio stesso dice che per far risaltare meglio la bellezza, la perfezione d’un quadro bisogna metterlo a confronto con un altro del medesimo tipo ma molto più imperfetto. Qui è proprio il medesimo caso. Perciò non fate le meraviglie se a fianco d’una Ledovina Scaglioni di carattere mite, dolce, affabile, tranquillo, inalterabile, pieghevole, prudente e non meno intelligente e riflessivo, Dio vi pose una Taddea Tarozzi di carattere imperioso, duro, impulsivo, orgoglioso, irriflessivo, ostinato, facile agli scatti, ignorante e brontolone. Essa cresciuta alla scuola della nostra Venerata Superiora Maria Caccialanza, era già avviata nell’esercizio della virtù. Io, pur cresciuta alla scuola del Ven. Fondatore conservavo ancora tutte le magagne del mio carattere rustico e duro. Ci conoscemmo un pochino prima della nostra andata a Lodi. Ambedue per alcuni mesi andammo a prendere lezione da una signorina di Casalmaggiore. Io non so che impressione e che concetto si fosse fatta di me in quel breve tempo. So invece che io rilevai subito la sua bontà e mi sentii felice di averla per compagna. Partimmo insieme da Vicobellignano la mattina del 13 settembre del 1894. Il padre suo l’aveva condotta da Ponteterra la baciò e asciugandosi gli occhi disse sommesso: «La raccomando a voi. Fatevi buona compagnia» e ritornò a casa solo e mesto.

Noi ci guardammo silenziose e meste. E lì sedute una di fronte all’altra proseguimmo il viaggio per Pizzighettone. Durante questo lungo tragitto ci scambiammo poche parole. Non era possibile di più. Senza accorgerci ci sorprendevamo con le lacrime agli occhi, il cuore sembrava spezzarsi dal dolore. Lei aveva presente alla mente e viva nel cuore l’immagine dei cari genitori che tanto amava e dai quali era riamata. Le sembrava di sentire i loro singhiozzi e le loro ultime raccomandazioni… Vedeva i fratelli mesti e silenziosi occupati al lavoro. A me, non mai come in quelle ore passò dinanzi alla mia mente il mesto quadro di un padre adorato, che dopo lunga e penosissima malattia da poco tempo si era unito alla mai carissima mamma e ai miei fratellini lassù nel Cielo, lasciandomi sola troppo sola quaggiù.

A Pizzighettone fummo accolte cortesemente dalla Rev. Sup. Cipelletti Angela. Ci fermammo colà alcuni giorni e poi insieme alla Martina Bottoli ci condusse a Lodi, all’Istituto Santa Savina in via De Lemene».

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