Coltivare le virtù ecologiche – Laudato si’ (14)
Decimo comandamento verde:
Coltivare le virtù ecologiche di lode, gratitudine, cura, giustizia, lavoro, sobrietà e umiltà.
Papa Francesco afferma che la spiritualità cristiana propone un modo alternativo di intendere la qualità della vita e rende il cuore capace di apprezzare e gioire soprattutto per le piccole cose. Per questo invita a coltivare le virtù della lode, della gratitudine, della cura, della giustizia, del lavoro, della sobrietà e dell’umiltà, come garanzia di una felicità più feconda e duratura.
Riprendendo, come altre numerose volte, l’esempio di san Francesco ricorda che «ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature. Egli entrava in comunicazione con tutto il creato, e predicava persino ai fiori e «li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione» (LS 11).
È questo un sano e cristiano superamento del semplice apprezzamento umano e del più subdolo e interessato calcolo economico.
Nella formazione cristiana e nelle esperienze di avviamento alla preghiera di adolescenti e di giovani i salmi sono strumenti molto utili perché con frequenza invitano l’essere umano a lodare Dio creatore, Colui che «ha disteso la terra sulle acque, perché il suo amore è per sempre» (Sal 136,6).
Molto più semplicemente una forma di lode, suggerisce il papa, è educare a fermarsi a ringraziare Dio prima e dopo i pasti. Il recupero di questa preziosa abitudine, quella appunto della benedizione della mensa, fortifica il nostro senso di gratitudine per i doni della creazione, è riconoscente verso quelli che con il loro lavoro forniscono questi beni, e rafforza la solidarietà con i più bisognosi.
In riferimento ai luoghi della Terra che richiedono una cura particolare a motivo della loro enorme importanza per l’ecosistema mondiale, o che assicurano altre forme di vita, il papa mette in guardia: la cura della natura non è cosa da deboli, anzi è un dovere dell’essere umano come signore dell’universo riconoscersi come amministratore responsabile (cf LS 116)…e «un delicato equilibrio si impone quando si parla di questi luoghi, perché non si possono nemmeno ignorare gli enormi interessi economici internazionali che, con il pretesto di prendersene cura, possono mettere in pericolo le sovranità nazionali» (LS 38).
Quando poi il papa parla di giustizia nell’ecologia non si rifa solo alla cura e all’equilibrio, ma soprattutto alla giustizia tra le generazioni e scrive:
«L’ambiente è un prestito che ogni generazione riceve e deve trasmettere alla generazione successiva». Un’ecologia integrale possiede tale visione ampia» (LS 159).
Non da ultimo il papa vede un nesso importante tra natura, ambiente e lavoro e ricorda il racconto biblico:
Nella creazione, «Dio pose l’essere umano nel giardino appena creato (cf Gen 2,15) non solo per prendersi cura dell’esistente (custodire), ma per lavorarvi affinché producesse frutti (coltivare)» (LS 124).
In questa prospettiva gli operai come gli artigiani, e gli scienziati sono coloro che «assicurano la creazione eterna». L’intervento dell’uomo, infatti, favorisce il prudente sviluppo del creato, lo aiuta a far emergere le potenzialità che Dio stesso ha inscritto nelle cose.
Tutte queste virtù maturano nella persona un atteggiamento di sobrietà, non come ascetismo esteriore, ma come rinuncia a fare della realtà un oggetto di uso e dominio.
Nell’attività educativa e di accompagnamento dei fanciulli e dei giovani, le virtù che il papa indica devono entrare trasversalmente. Nei momenti di preghiera richiamare la lode e il ringraziamento a Dio per il creato e le sue creature…aiutarli ad osservare le grandi opere come le piccole, quelle quotidiane che di per sé non attirano l’attenzione…Evidenziare che la cura e la giustizia hanno una prospettiva a lunga durata, nessuno è proprietario in assoluto, ma custode! È pure importante aiutarli a vedere il lavoro, la professione non solo nella prospettiva della auto-realizzazione o come fonte di guadagno e di vita, ma anche come missione ricevuta quella cioè di “coltivare”, nel suo significato più ampio.
A questo proposito, la pedagogia di san Filippo Neri, a cui le suore figlie dell’Oratorio si rifanno, può essere una guida. La visita alle sette chiese, le scampagnate fuori porta, il canto, non avevano solo lo scopo di allontanare i suoi discepoli dall’ozio e dai vizi dell’urbe, ma di farli entrare in contatto con la natura e di esaltare la presenza di Dio in essa; non singolarmente ma in gruppo, come comunità, perché nessuno può essere felice da solo, né salvarsi da solo.