I fioretti di don Vincenzo: Non di solo pane vive l’uomo
Don Vincenzo arrivò a Buzzoletto che era ormai sera. In canonica lo aspettava il suo amico don Corbari che lo aveva invitato per predicare le quarantore. Poiché era quasi ora di cena, la domestica molto servizievole, gli chiese che cosa desiderasse. «Una bella polenta con formaggio», rispose don Vincenzo avendo già sperimentato la bravura della donna. Ma don Corbari suggerì che forse una minestra poteva essere più adatta. Don Vincenzo non si scompose e rinunciò all’idea della polenta fumante e del bel pezzo di formaggio filante. La domestica però considerò un ordine il desiderio del predicatore e ritornò all’idea della polenta, ma don Vincenzo ribatté: «Non preoccupatevi per il mangiare, per me è l’ultimo pensiero, sono venuto qui per il bene delle anime e non per soddisfare una mia golosità».
Non erano parole per chiudere sbrigativamente l’argomento. Le mattine successive, infatti, poté verificare la verità delle argomentazioni della sera precedente.
Dopo la messa la domestica gli portò in sagrestia una scodella di latte fumante. Il primo giorno don Vincenzo la bevve subito volendo dare soddisfazione alle premure della donna. Il giorno seguente, puntuale arrivò la tazza del latte in sagrestia, ma a mezzogiorno la tazza era ancora intatta dove era stata appoggiata. La domestica preoccupata gli chiese: «Come mai non avete toccato nulla?» Don Vincenzo con sorridente semplicità rispose: «Credevo di averlo preso. Vedi, del resto che non sono morto: l’uomo non vive solo di pane».
Si incamminarono insieme verso la canonica e mentre stavano per rientrare in casa don Vincenzo le disse: «Meno comodità si hanno, meno bisogni nascono, e meno bisogni si hanno più si è liberi e felici». La donna, che non era una persona superficiale, capì che don Vincenzo a motivo del Signore, in quanto al cibo, non ne faceva una questione di sopravvivenza, ma di libertà e di serenità.