Strabismo
Sono passati quasi tre anni dalla pubblicazione del documento «Per vino nuovo otri nuovi», le linee orientative che la Congregazione per la Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica ha offerto alla vita consacrata chiamata a vivere oggi sfide sempre più impegnative e nuove. Poco meno di tre anni eppure è diventato, insieme all’esortazione apostolica Vita Consecrata e all’istruzione Ripartire da Cristo, un «classico» per noi religiosi, un documento da cui non possiamo prescindere per vivere all’altezza della nostra chiamata in questo oggi della storia. «I consacrati e le consacrate sono chiamati a intraprendere nuovi passaggi affinché gli ideali e la dottrina prendano carne nella vita: sistemi, strutture, diaconie, stili, relazioni e linguaggi» (pag. 8). La vita consacrata, infatti, si trova di fronte a sfide ancora aperte che vanno affrontate ‘con determinazione e con lungimiranza’.
In questi anni abbiamo avuto occasione di pubblicare brevi riflessioni che prendevano spunto dal documento, ora con questo post la redazione ha pensato di avviare un approfondimento ulteriore di alcune delle problematiche proposte dalla Congregazione attraverso il documento. Troveremo questi approfondimenti, cadenzati nel tempo, nella categoria «Il carisma delle Figlie dell’Oratorio nel cuore della Chiesa».
Ce lo stiamo ripetendo ormai da anni e papa Francesco lo ha ribadito di nuovo nei suoi auguri natalizi ai membri della Curia Romana: «Quella che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento di epoca. Siamo, dunque, in uno di quei momenti nei quali i cambiamenti non sono più lineari, bensì epocali; costituiscono delle scelte che trasformano velocemente il modo di vivere, di relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero, di rapportarsi tra le generazioni umane e di comprendere e di vivere la fede e la scienza».
Un tempo segnato da orizzonti culturali e spirituali di un certo tipo sta per chiudersi, e uno nuovo sta per aprirsi, è in germe, ma con i lineamenti e i tratti non ancora delineati con precisione e chiarezza. Un ciclo volge al declino e uno nuovo si intravede all’orizzonte… e noi ci ritroviamo nel mezzo, con un piede di qua e un piede di là, senza sapere bene dove collocarci. Il nostro sguardo corre il rischio di diventare strabico: guardiamo al passato come unica realtà che può darci sicurezza e certezze, senza poter fare a meno di pensare al futuro, consapevoli che alcuni schemi e automatismi non sono più ripetibili. E guardiamo al futuro senza quel tocco di audacia che ci aiuti a scioglierci dalle nostalgie del passato, per affrontarlo e costruirlo con una rinnovata vitalità.
Ma come dice M. I. Rupnik, «È inutile cercare di prolungare il ciclo di un’epoca storica, una volta giunto al suo esaurirsi. Ci si può sforzare quanto si vuole, ma non si trattiene la sera, perché arriva la notte. Puoi spingere quanto vuoi la notte nel giorno, ma il sole manda via l’oscurità della notte».
Più o meno consapevolmente, si arriva a un punto di rottura, di non ritorno. Occorrono allora contemplazione e discernimento per una lettura della storia e degli eventi che non ci trovi impreparati. «L’atteggiamento sano – ha suggerito ancora Francesco alla Curia Romana – è piuttosto quello di lasciarsi interrogare dalle sfide del tempo presente e di coglierle con le virtù del discernimento e della parresia». E già nel 2017, la Congregazione per gli istituti di vita consacrata ha offerto alcuni orientamenti per la riflessione e il discernimento nel documento «Per vino nuovo otri nuovi».
Il titolo del documento fa riferimento al detto evangelico di Gesù ed evidenzia «l’impossibilità di dialogare con le vecchie mentalità. […] Il Signore si pone in una distanza critica riguardo al semplice mantenimento degli schemi religiosi abituali […] e questo stile ha tutto il colore e il sapore di un vino nuovo che però rischia di spaccare i vecchi otri. L’immagine rivela chiaramente la necessità che le forme istituzionali religiose e simboliche hanno bisogno di guadagnare sempre in elasticità. Senza la necessaria elasticità nessuna forma istituzionale, per quanto veneranda, è in grado di sopportare le tensioni della vita né può rispondere agli appelli della storia» (n.1).
L’appello è chiaro e improrogabile. Se dovesse rimanere inascoltato, il rischio reale è quello di perdere vino e otri. Se ci facciamo imprigionare dalla rigidità e dall’incapacità di aprirci al nuovo, se guardiamo alle forme standardizzate e rigide del passato, resteremo fuori dalla storia… e dalla vita! Lo stesso documento, al n. 2 ci mette in guardia dalla «tentazione di ritornare al vecchio stile di un mondo chiuso sulle proprie certezze e abitudini, sempre in agguato».
La partita non è di poco conto e richiede una messa in discussione esigente e radicale, sapendo che «lasciarsi inquietare e destabilizzare dagli incitamenti vivificanti dello Spirito non è mai indolore» (n. 3).