Fossimo tutti profeti!
Il 2 febbraio, giornata mondiale per la vita consacrata, riprendono vita sul tema le tre classiche correnti: i nostalgici, i catastrofici, gli ottimisti. Gli esperti, però, non usano più circonlocuzioni per dire che l’attuale forma di vita religiosa – soprattutto in Occidente! – sta morendo, che è destinata ad estinguersi. Anche se in alcuni istituti la missione rimane attuale, quello che conta, dicono, è vedere se c’è chi se ne fa carico e viene allo scoperto, ma non ne sono così sicuri.
Eppure le stesse voci, autorevoli, continuano a sollecitare di abbandonare la prudenza, la sfiducia, le paure e a volte anche la pigrizia: la vita religiosa può risorgere dalle sue ceneri.
Occorrono profeti! E chi li ascolti! Sicuramente sono già tra noi!
È il senso della storia che riportiamo di seguito, una parabola adatta ai tempi che viviamo noi, religiosi/e di oggi che non vogliamo arrenderci agli scuri pronostici, ma che facciamo molta fatica a capire come.
Il dono del vecchio rabbino
La storia racconta di un monastero che stava vivendo tempi difficili. In passato aveva ospitato un ordine importante, ma in seguito a un’ondata di persecuzioni verificatesi nel diciassettesimo e diciottesimo secolo e a una crescente tendenza verso il secolarismo nel diciannovesimo secolo, tutti i suoi conventi secondari erano andati distrutti e l’ordine era rappresentato soltanto dall’abate e altri quattro monaci, tutti ultra settantenni, che vivevano nella cadente abbazia. Era chiaramente destinato a scomparire. Nel fitto bosco che circondava il monastero, si trovava una piccola capanna che un rabbino. proveniente da una città vicina, usava di tanto in tanto come eremo. Nei lunghi anni di preghiera e contemplazione i vecchi monaci avevano sviluppato una sensibilità quasi paranormale ed erano quindi sempre in grado di dire quando il rabbino si trovava nel suo eremo.
Preoccupato per l’imminente scomparsa del suo ordine, l’abate decise di recarsi all’eremo e di chiedere al rabbino se non avesse alcun consiglio da dargli per salvare il monastero. Il rabbino accolse l’abate nella capanna, ma quando l’abate gli spiegò lo scopo della sua visita, il rabbino non poté far altro che condividere il suo dolore. «Conosco questo problema – esclamò! – La gente ha perso la spiritualità. Accade lo stesso nella mia città: quasi nessuno viene più nella sinagoga». Così si lamentarono insieme, il vecchio abate e il vecchio rabbino. Poi lessero alcuni brani della Torah, e presero a conversare serenamente di profonde questioni spirituali. Venne per l’abate il momento di andarsene e si abbracciarono. «È stato meraviglioso incontrarsi dopo tutti questi anni – disse l’abate – ma venendo qui non ho raggiunto il mio scopo. Non c’è nulla che puoi dirmi, nessun consiglio che puoi darmi per aiutarmi a salvare il mio ordine dalla morte?» «No, mi dispiace – rispose il rabbino – non ho consigli da darti. L’unica cosa che posso dirti è che il Messia è tra voi».
Quando l’abate tornò al monastero i monaci gli si radunarono intorno e gli chiesero: «Ebbene, cosa ti ha detto il rabbino?». «Non è stato in grado di aiutarmi – rispose l’abate – Abbiamo soltanto pianto insieme e letto la Torah. L’unica cosa che mi ha detto, proprio mentre me ne stavo andando, è stato qualcosa di oscuro. Ha detto che il Messia è tra noi. Ma non so cosa intendesse».
Nei giorni, nelle settimane, nei mesi che seguirono, i vecchi monaci rifletterono su questa frase chiedendosi se le parole del rabbino avessero un qualche particolare significato. Il Messia è fra noi? Voleva forse dire che il Messia è uno di noi monaci qui al monastero? E se è così: chi? Intendeva forse l’abate? Sì, se si riferiva a qualcuno, probabilmente si riferiva all’abate. Ci ha guidati per più di una generazione. D’altra parte avrebbe anche potuto riferirsi a fratello Thomas. Sicuramente fratello Thomas è un sant’uomo. Tutti sanno che Thomas è un uomo illuminato. Certamente non poteva riferirsi a fratel Elred! A volte Elred è irascibile. Ma a pensarci bene, anche se è una spina nel fianco per tutti, Elred ha praticamente sempre ragione. Chissà se il rabbino non intendesse proprio fratel Elred! Ma sicuramente non fratel Phillip. Phillip è così passivo, una vera nullità. Eppure, quasi misteriosamente, ha il dono di essere sempre presente quando c’è bisogno di lui. Come per magia appare al tuo fianco. Forse il Messia è proprio Phillip! Di certo il rabbino non intendeva me. Non è proprio possibile che intendesse me. Io sono una persona qualsiasi. Eppure se fosse proprio così? Se fossi io il Messia? Oh no, non io. Non potrei essere così importante per Te, non è vero?
Immersi in questi pensieri, i vecchi monaci cominciarono a trattarsi fra di loro con straordinario rispetto poiché esisteva la possibilità, per quanto remota, che il Messia fosse tra di loro. E, per la possibilità, ancor più remota, che il Messia fosse ciascuno di loro, ognuno cominciò a trattare se stesso con altrettanto rispetto.
Accadeva che di tanto in tanto arrivassero al convento dei visitatori che venivano a passeggiare per i piccoli viali o per i sentieri, e consumare uno spuntino sul piccolo prato e persino a volte a meditare nella cadente cappella. Così facendo, senza nemmeno rendersene conto, cominciarono ad avvertire l’alone di straordinario rispetto che circondava i cinque vecchi monaci. C’era qualcosa di stranamente affascinante, persino irresistibile. Quasi senza saperne il motivo, i visitatori cominciarono a tornare nel convento per fermarsi a pregare. Cominciarono a portare gli amici per mostrare loro quel posto speciale. E gli amici portarono altri amici.
Accadde così che alcuni tra loro presero a intrattenersi sempre più di frequente con i vecchi monaci. E dopo qualche tempo uno chiese di potersi unire a loro. Poi un altro e un altro ancora. Così, nel giro di pochi anni, il monastero riprese ad ospitare un ordine prosperoso e, grazie al dono del rabbino, tornò ad essere un vivo centro di luce e spiritualità.
Card. Martini nel libro «Le Confessioni di Pietro», Centro Ambrosiano – Piemme, Casale Monferrato (AL) 1992, pp. 5-7.
Tutto è cambiato da quando quei monaci hanno creduto che tra di loro ci potesse essere il Signore e hanno cominciato a vivere come se fosse vero. Eppure erano solo cinque, e… anziani…
Questa storia parla di noi, parla a noi… E se cambiassimo anche noi lo sguardo tra di noi, all’interno delle nostre comunità?
«Fossero tutti profeti!» (Num 11,29). Fossimo tutti profeti!
“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”…
…ma che bello questo post, incoraggiamento!!!, per questo Dio ci ha dato la vita, è la nostra missione (intendo la missione di ogni essere umano) siamo ceduti all’amore e le comunità ne sono un esempio. Mi sono appassionata alla storia, ma di più con le 2 righe finali dell’articolo.
Grazie, grazie, grazie.